È appena cominciato il 2025 ed è tempo di prospettive anche per l’agricoltura della Tuscia. Il presidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti Remo Parenti conferma che «gli effetti del cambiamento climatico danneggiano stagionalmente tutti i comparti agricoli, non si riescono a fare più le rese e le produzioni che c’erano fino a qualche anno fa. I prezzi sono fermi a 40 anni fa, in altri casi sono tornati al pre-covid facendo finta che non ci sia stata una fiammata inflattiva che ha portato i prezzi finali in aumento del 20%. Nei prezzi finali di vendita, però, gli agricoltori non c’entrano perché i beni a loro sono pagati a prezzi pre-inflazione». Per trovare vie di soluzione nel 2025 Parenti spiega che «come associazione vogliamo una politica agricola comune europea che sia effettivamente agricola: si devono cambiare gli obiettivi della Pac che si devono adattare alle esigenze specifiche dei territori, quindi passare dalla distribuzione a pioggia degli aiuti a considerare chi investe in sostenibilità, innovazione e compete sui mercati. È agricoltore chi produce beni alimentari e deve confrontarsi con il mercato. I guadagni sono calati dell’80%». Per Parenti, inoltre, «la Pac deve essere un modello di transizione ecologica sostenendo le pratiche che tutelano biodiversità, risorse idriche e suolo. Servono fondi mutualistici e assicurazioni che coprano perdite produttive e l’eventuale ripristino delle attività». Un altro obiettivo su cui puntare nel 2025 per le imprese agricole della Tuscia «saranno la digitalizzazione e piattaforme digitali per un’agricoltura di precisione e la connesione delle imprese con le filiere produttive e commerciali» così come «le tecniche di evoluzione assistita per sviluppare colture più resistenti ai cambiamenti climatici». Il presidente Parenti poi cita gli accordi commerciali a livello internazionale che «hanno messo in difficoltà tutte le imprese europee: questi devono essere strumenti per aprire il mercato all’Europa. I prodotti importati devono rispettare gli stessi standard di qualità richiesti a noi agricoltori europei. Serve tutelare le denominazioni di origine protette per le imprese italiane e investire in ricerca e sviluppo».
Per Tonino Monfeli, imprenditore agricolo e leader del movimento di protesta che, nei mesi scorsi, si è riunito in presidio permanente al casello di Orte e partecipato alle iniziative su Roma, «l’agricoltura locale e nazionale è in grave sofferenza ormai da anni e prevediamo un rincaro delle bollette del gasolio e dell’energia elettrica: ci hanno detto del 18% ma gli analisti arrivano fino al 40%. Il reddito degli agricoltori è diminuito perché abbiamo avuto varie calamità e i prezzi li fanno la grande distribuzione e i fondi d’investimento. Le istituzioni non ci ascoltano perché il presidente della Repubblica, nel discorso di fine anno, non ha fatto nessun riferimento alla crisi dell’agricoltura». Monfeli per il 2025 è, quindi, molto pessimista. «Nel 2024 - dice hanno chiuso in Italia più di 8 mila aziende e queste persone si aggiungono agli oltre 3 milioni di persone che sono sotto la soglia di povertà. Il movimento nato a gennaio 2024 e che ha protestato fino a marzo ha continuato a muoversi ed è ancora attivo. Come movimento agricolo della Tuscia stiamo realizzando una legge d’iniziativa popolare per l’agricoltura italiana cui vogliamo fare aderire anche altri gruppi in tutta Italia. Nei Comuni più agricoli della Tuscia stiamo per organizzare vari sit-in: non più, quindi, solo 2 o 3 presidi ma in molti territori della provincia». Monfeli chiede la «messa in stato di crisi di tutto il comparto primario che deriva anche dalle materie prime che arrivano prezzi stracciati da fuori Europa e, la grande agrindustria, poi fa apparire i prodotti come italiani ma non è spesso così. Come agricoltori non ce la facciamo più con questi prezzi e i balzelli che ci impongono. Si preannuncia un anno difficile: la speranza è solo un buon raccolto, le nostre nocciole sono le migliori al mondo ma vengono miscelate con le turche».