La ‘nascita’ di Dies Natalis, ieri nel ponteggio allestito a San Sisto, ha richiamato una folla di curiosi. E’ sempre un appuntamento molto partecipato dai viterbesi e ancor di più quest’anno visto che l’assemblaggio ha riguardato una nuova Macchina di Santa Rosa.

E mentre Dies Natalis, blocco su blocco, prendeva forma ad assistere in piazza anche l’ideatore Raffaele Ascenzi, il costruttore Vincenzo Fiorillo e il presidente del Sodalizio facchini Massimo Mecarini.

I Fiorillo, il padre Vincenzo e il figlio Mirko, sono le “mani” che hanno dato sostanza al progetto di Ascenzi.

Trattandosi di una struttura dall’impianto completamente diverso da quello di Gloria, la domanda da rivolgere al costruttore sorge spontanea: quali sono state, se ci sono state, le difficoltà nella realizzazione di Dies Natalis rispetto alla Macchina precedente?

«Non è stata tanto una questione di difficoltà ma di impegno maggiore, di più ore di lavoro. Anche perché nella costruzione delle Macchine nuove, l’attenzione è sempre al massimo. Non tanto quindi le difficoltà ma più un problema di organizzazione perché appunto lavoriamo sul nuovo».

Il riferimento a più ore di lavoro è strettamente legato ai tempi contingentati. 150 i giorni entro i quali Dies Natalis doveva vedere la luce. Una corsa contro il tempo «per una Macchina di questo genere e con un traliccio addirittura di alluminio. Un'innovazione che però ha dilatato i tempi di lavoro». Perché, come spiega Vincenzo Fiorillo: «il precedente era in acciaio che richiede una lavorazione molto più semplice mentre l’alluminio è più difficoltoso e il traliccio flette un po’ di più. E’ però una bella innovazione perché aiuta per quanto riguarda il peso della Macchina, oltre a renderla molto morbida agevolando lo sforzo dei facchini».

Il lavoro però non è del tutto ultimato con l’assemblaggio. «Possiamo dire che è completato al 90%, mancano delle piccole rifiniture che sono d’obbligo farle qui al cantiere» conclude Vincenzo Fiorillo, facendosi immortalare in foto con il figlio Mirko e «la terza generazione», il nipote Lorenzo.

E ad assistere a Porta Romana al passaggio dal progetto su carta alla forma tridimensionale c’era naturalmente anche Raffaele Ascenzi.

«E’ proprio questo il termine esatto per definire questa macchina: tridimensionale. Perché sfrutta tutte le tecnologie contemporanee per riportare quella tridimensionalità che le era stata data anche in fase di progetto. Dalla prima fase, quella dell’idea, fino alla realizzazione siamo stati collegati ai nostri computer ma soprattutto alle persone che sono presenti in abbondanza in questa Macchina e che sono state scansionate e sono perfettamente riprodotte all’interno delle architetture» rimarca.

«Anche le architetture stesse sono frutto di lavorazioni tecnologicamente avanzate con fresatrici robotizzate che seguono perfettamente l’input che gli dà il modello fatto in 3D. A questo proposito voglio ricordare i miei due collaboratori che hanno seguito il progetto dalla nascita fino all’ultima virgola di costruzione: Luca Occhialini e Antonella Servi» evidenzia Ascenzi, il quale sottolineando la maestria e l’esperienza del team di Vincenzo Fiorillo - «una squadra di persone adeguatamente preparate per questo lavoro» conclude affermando che «quest’opera, Dies Natalis, farà parlare molto di sé e, con la sua forma a campanile e la statua della Santa custodita all'interno della struttura, è un concentrato di storia che racconta quello che questa città ha prodotto per oltre 3 secoli di Macchine di Santa Rosa».

Ora non resta che attendere, ancor prima della ‘mossa’, la prova luci che si terrà sabato sera alle 21,30.