Uno studio internazionale condotto da ecologi dell'Università degli Studi della Tuscia e della Monash University (Australia) ha rivelato come l'esposizione a lungo termine ad inquinanti farmaceutici stia alterando drasticamente il comportamento, la storia di vita e le caratteristiche riproduttive dei pesci.

La ricerca, durata più di cinque anni e incentrata sui guppy selvatici (pesci della famiglia dei Poeciliidae) esposti all'antidepressivo fluoxetina (Prozac), rinvenuto negli ecosistemi acquatici quasi in tutto il mondo, evidenzia gli effetti profondi e interconnessi di questo inquinante sulla fauna ittica.

Lo studio, guidato dal Dottor Giovanni Polverino del Dipartimento di Scienze ecologiche e Biologiche (DEB) dell'Università degli Studi della Tuscia e dalla dottoressa Upama Aich della Monash University, è stato pubblicato Martedì 27 Agosto u.s. su Journal of Animal Ecology.

Gli inquinanti farmaceutici, in particolare gli antidepressivi come la fluoxetina, sono diventati un problema dilagante nei corpi idrici di tutto il mondo. Questi inquinanti, spesso introdotti attraverso lo scarico delle acque reflue, persistono a bassi livelli in fiumi, laghi e oceani. Nonostante la loro presenza diffusa, il pieno impatto di queste sostanze chimiche sulla fauna acquatica, in particolare sul comportamento e sul successo riproduttivo, è poco noto.

“L'esposizione alla fluoxetina ha ridotto in modo significativo la plasticità comportamentale dei guppy, riducendo la capacità degli individui di adattare i propri livelli di audacia ed attività nel tempo. Questa ridotta adattabilità potrebbe compromettere la loro capacità di sopravvivere in un mondo in rapido cambiamento”, ha dichiarato il Dottor Polverino.

“Anche a basse concentrazioni, la fluoxetina ha alterato le condizioni corporee dei guppy e ha aumentato le dimensioni del gonopodio, riducendo contemporaneamente la velocità degli spermatozoi, un fattore essenziale per il successo riproduttivo”, ha ribadito la dottoressa Aich.

Il team di ricerca ha esposto i guppy a tre concentrazioni di fluoxetina, rilevanti dal punto di vista ambientale, e per più generazioni. Il team ha poi testato il comportamento, le condizioni fisiche ed i tratti riproduttivi dei pesci maschi dopo cinque anni di esposizione all'inquinante. I ricercatori hanno misurato i tratti chiave della storia della vita, come la condizione corporea, la colorazione e le dimensioni del gonopodio (una pinna anale modificata usata come organo riproduttivo nei maschi), oltre ai tratti spermatici relativi alla vitalità, il numero e la velocità degli spermatozoi.

L'esposizione alla fluoxetina ha compromesso le correlazioni naturali tra i tratti fenotipici. Ad esempio, è stato alterato il legame tra i livelli di attività e le condizioni corporee e tra le dimensioni del gonopodio e la vitalità dello sperma. Questa alterazione indica che l'inquinante altera i compromessi naturali che i pesci fanno tra l'investire risorse in sopravvivenza e riproduzione.

“La riduzione della plasticità comportamentale e l'alterazione delle correlazioni tra tratti critici potrebbero compromettere la capacità delle popolazioni ittiche di adattarsi alle sfide ambientali, minacciando la loro sopravvivenza a lungo termine”, ha dichiarato il professor Bob Wong della Monash University School of Biological Sciences e autore senior dello studio.

Questi risultati sottolineano la necessità di un approccio più completo per valutare le conseguenze ecologiche ed evolutive dell'inquinamento farmaceutico. Poiché le attività umane continuano a introdurre nuovi inquinanti nell'ambiente, la comprensione dei loro effetti sulla fauna selvatica è fondamentale per preservare la biodiversità e garantire la salute degli ecosistemi.

Questa ricerca offre spunti importanti per capire come l'esposizione cronica a inquinanti farmaceutici globali, come la fluoxetina, possa alterare radicalmente i tratti su cui i pesci fanno affidamento per la sopravvivenza e la riproduzione. I risultati evidenziano la necessità di affrontare il problema dell'inquinamento farmaceutico e di implementare normative più severe per proteggere la vita acquatica da questa minaccia.

I risultati della ricerca sono apparsi su media nazionali e internazionali, inclusi Focus, The Guardian, Al Jazeera e The Conversation.