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I due protagonisti dell’anno sono stati sicuramente la Macchina di Santa Rosa, con i 10 anni dal riconoscimento Unesco ed i 45 del Sodalizio dei Facchini, e il vescovo Orazio Francesco Piazza, insediatosi il 3 dicembre 2022. Tra l’evento Santa Rosa e il nuovo vescovo di Viterbo è stata subito una simbiosi e, due giorni fa, nell’ambito della presentazione del progetto “Incastri per ricostruire”, il connubio si è “ufficializzato” con l’annuncio del vescovo della visita privata concessa da Papa Francesco ai Facchini l’11 gennaio 2024.
Eccellenza è stato un primo anno molto intenso per lei…
«Innanzitutto voglio ringraziare la comunità viterbese ed il territorio per la bellezza di ciò che mi hanno fatto trovare. Un territorio stupendo, una comunità molto viva e molto attiva e sicuramente tanta voglia di costruire un percorso insieme che possa valorizzare cultura, tradizioni ma, al tempo stesso, qualificare il senso della vita. In questo itinerario mi sono inserito con la voglia di dare un percorso ben definito dove coesione ed amicizia sociali e comunione ecclesiale devono camminare insieme».
Lei è stato al suo primo Trasporto della Macchina di Santa Rosa, qual è il pensiero che l’ha pervasa maggiormente?
«Ho percepito immediatamente la potenza di questa esperienza di fede nella cultura popolare di Viterbo. E’ partecipata e condivisa da un territorio intero e, anzi, supera le mura cittadine. C’è la sintesi, semo tutti d’en sentimento, è questa la sintesi. Rosa da Viterbo ha reso tutti i singoli, nella loro diversità, capaci di vivere l’emozione della condivisione della stessa fede che dà forza per portare il senso della vita. Da soli non riusciamo, insieme si realizza anche l’impossibile».
Questo Natale, monsignor Piazza, arriva in un momento molto difficile per crisi e guerre in atto. Come si approccia alla più importante festività cristiana?
«Pensare al Natale che è un messaggio di pace, di speranza, in cui riscopriamo la qualità umana, la bellezza dell’umano e della sua pienezza. Purtroppo ci circondano situazioni drammatiche per le guerre e la crisi umanitaria. Sono varie le guerre e le ingiustizie che sono praticate nel mondo. E’ un dato di fatto che, però, non deve fare perdere la fiducia e la speranza, anzi, deve dentro di noi rinfocolare il desiderio di rispondere attraverso l’impegno sociale. Dobbiamo reagire alle realtà sociali frammentate e, spesso, anche contrapposte a livello locale, che fanno fatica a condividere. Il migliore augurio che io posso fare è diventare esperti in umanità mettendo da parte quelle pregiudiziali che ci fanno ragionare in modo umorale e mettere al centro ciò che è necessario affinché ognuno possa ritrovare la dignità e ritrovare il bisogno delle relazioni, la pazienza dello stare insieme e della responsabilità senza perdere la fiducia e la speranza».