CIVITAVECCHIA – Oltre mille volontari messi in campo nei 14 sbarchi di migranti nel porto di Civitavecchia hanno reso la Croce rossa fondamentale nella macchina dell’accoglienza.

I PRIMI SBARCHI E IL MODELLO CRI

Era il 18 febbraio del 2023 quando le due prime navi ong toccarono il porto di Civitavecchia con i primi migranti, un’emergenza mai vista o vissuta in città ma la Croce rossa era pronta, forte dell’esperienza maturata a Lampedusa nell’hot spot, gestito da circa un anno proprio dall’organizzazione umanitaria. «La Croce rossa italiana - ha spiegato il presidente del comitato locale Roberto Petteruti - è presente in tutti i porti dove avvengono gli sbarchi», da quando sostanzialmente è stata varata la nuova legge che indica alle ong i porti in cui attraccare. «Ovviamente - ha continuato Petteruti - nemmeno noi sapevamo come fare ma quando si è presentata l’emergenza, forti del lavoro su tutto il territorio nazionale della Cri, abbiamo esportato il modello anche nel porto di Civitavecchia in collaborazione con tutte le realtà coinvolte creando quelli che ci piace chiamare “avamposti di umanità”».

LA MACCHINA DELL’ACCOGLIENZA

Una rete di collaborazione, quella che nei mesi è stata poi chiamata la macchina di accoglienza che vede la collaborazione tra istituzioni, autorità portuali, Capitaneria di porto, Polizia di Stato, Usmaf, Asl Roma 4, Protezione civile, Cri e Caritas. In questa rete il lavoro della Croce rossa è fondamentale con il Comitato locale che viene aiutato con rinforzi da Roma e dai comitati territoriali a seconda del numero di migranti da accogliere. Un lavoro importante che comincia diverse ore prima dell’arrivo previsto con i volontari Cri che montano le strutture dove poi saranno effettuate le visite mediche delle persone sbarcate dalle ong. I volontari si occupano di accompagnare i migranti dalla nave fino alle tende, una parola di conforto, coperte o vestiti se ne hanno necessità, acqua e cibo e poi la visita medica effettuata dal personale sanitario. Importante anche il supporto della Caritas diocesana che fornisce vestiario e calzature da fornire ai migranti. «In collaborazione con i servizi sociali del comune di Civitavecchia - ha aggiunto Petteruti - ci occupiamo anche dell’eventuale trasporto dei minori non accompagnati che rimangono in carico al territorio. Inoltre sul posto è sempre presente una nostra ambulanza in caso di emergenza o se il medico dovesse ritenere necessario un trasferimento all’ospedale San Paolo».

LE TESTIMONIANZE

Fortunatamente, ad oggi, non ci sono mai state situazioni di emergenza sanitaria, nonostante qualche trasferimento al nosocomio cittadino ci sia stato. «Sono persone - ha raccontato il presidente della Cri locale - che vengono anche da zone di guerra, persone che in questo viaggio tremendo subiscono torture e spesso troviamo cicatrici di tagli e percosse, per questo offriamo anche supporto psicologico. Quello che facciamo in tutte queste attività è cercare di prenderci cura della persona e di soddisfarne i bisogni. Ci capita di intercettare anche donne vittime di violenza fisica, psicologica e sessuale o vittime di torture, ci sono vulnerabilità e bisogni diversi».

IL SERVIZIO RFL

Proprio per questo è fondamentale il lavoro dei team multidisciplinari della Croce rossa che offre anche un servizio chiamato “Rfl” Restoring family link per il ricongiungimento familiare con personale qualificato che fa ricerca del congiunto scomparso tramite un network cercando di ricongiungere persone e famiglie. «Quello che vediamo - ha aggiunto - è che c’è tanta voglia di avvisare i genitori o la famiglia per dire loro che ce l’hanno fatta, che c’è ancora speranza. Perché tante famiglie si autotassano per riuscire a mandare un giovane in Europa per lavorare e poi mandare indietro dei soldi». Esperienze tremende che si leggono negli occhi di chi sbarca. «La nostra azione - ha concluso Petteruti - non si ferma soltanto all'accoglienza e alle operazioni di sbarco, noi siamo lì per migliorare e umanizzare, per cercare di tutelare la dignità delle persone».

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