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Vittime e parenti dopo la lettura della sentenza a carico di Campiti per il Processo per la strage di Fidene presso lÕAula Bunker di Rebibbia - Roma ÑItalia Ñ Mercoled“ 16 Aprile 2025 - Cronaca - (foto di Cecilia Fabiano/LaPresse) victims and relatives after Trial for the Fidene massacre at the Bunker Hall of Rebibbia Rome, Italy Wednesday , April 16 2025 - News - (photo by Cecilia Fabiano/LaPresse)
CIVITAVECCHIA – «Bene l’ergastolo per l’imputato principale, ma resta l’amaro in bocca». È la considerazione dell’avvocato Luca Marconi, il legale che ha assistito i genitori ed il fratello di Nicoletta Golisano, una delle quattro vittime della strage di Fidene, dell'11 dicembre del 2022.
Ieri sera, infatti, è arrivata la sentenza con i giudici della Prima Sezione della Corte di Assise di Roma che hanno condannato all’ergastolo Claudio Campiti, con tre anni di isolamento diurno, più di quanto chiesto dal pubblico ministero, ossia due anni e mezzo. Campiti sparò durante una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo di via Monte Giberto e uccise quattro donne: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. Per lui l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, di tentato omicidio di altre cinque persone, sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Sopravvissuti alla strage e parenti delle vittime che, ieri, sono usciti dall’aula al momento delle dichiarazioni spontanee dell’imputato il quale, nel corso del processo, non avrebbe mai mostrato pentimento né chiesto scusa per quanto avvenuto.


Condannato anche l'allora presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma a tre mesi, con pena sospesa per omessa custodia dell'arma – rispetto ai quattro anni e un mese chiesti dall’accusa – mentre è stato assolto il dipendente addetto al locale dell'armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto. I giudici della Prima Corte di Assise hanno escluso come responsabili civili i ministeri di Interno e Difesa e dell’Unione italiana tiro a segno in riferimento alla custodia dell’arma. I giudici hanno, poi, disposto l’invio degli atti in procura in relazione alla posizione dell’allora presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma, condannato a tre mesi, per valutare l’accusa di omicidio come conseguenza di altro reato.
«Sicuramente c’è soddisfazione per la massima pena comminata all’imputato principale e per il fatto che i giudici non abbiano ritenuto ci fossero motivi validi per disporre una perizia psichiatrica – ha sottolineato l’avvocato Marconi – l’aver riqualificato però il reato di appropriazione indebita in furto, rispetto alla pistola con la quale è stata compiuta la strage ha probabilmente portato alla decisione di non riconoscere come responsabili civili i Ministeri e Unione italiana tiro a segno. Attendiamo i 90 giorni per il deposito delle motivazioni per valutare tutti questi aspetti, ma certamente dalle 33 udienze e dalle cento testimonianze in aula, sono emerse carenze nei controlli e nella sicurezza dell’armeria. Eppure, nonostante queste evidenze i tre enti non sono stati coinvolti come responsabili civili».