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Sicuramente tutti potrebbero pensare che le frasi pronunciate da Carlo Verdone in "Un sacco bello" («Aho sapete che ve dico? Io me ne vado che me parte pure er purman pe Ladispoli» o la risposta al portiere dell'albergo che gli suggerisce di portare con sé Marisol, «Ma che sei matto a Ladispoli ce sta mi madre ma che stai a scherzà?») o lo sbarco di Attila Flagello di Dio e degli Unni a Torre Flavia, o ancora la scena de "Il Sorpasso" di Dino Risi che ha reso "famosi" i pini sull'Aurelia; siano i soli film che abbiano portato il nome della città balneare alla "ribalta" garantendole di essere conosciuta anche oltre i confini regionali.
In realtà, però, come racconta l'ex sindaco ladispolano Crescenzo Paliotta, il legame tra la Ladispoli e il mondo del cinema ha radici ben più profonde, lontane nel tempo.
Proprio l'ex sindaco e amante della storia di questo territorio, ha iniziato a interessarsi delle vicende di Ladispoli «a 18 anni, quando si viveva il fermento dell'autonomia da Cerveteri». Una passione la sua raccolta in un volume a sua firma, "Ladispoli e i luoghi del cinema - Un viaggio immaginario tra il 1937 e il 2020".
Ma da dove partire? Sicuramente da Rossellini - spiega Paliotta - e da quando decise negli anni Trenta di trasferirsi qui con Marcella De Marchis. I due si sposarono nella chiesetta di Palo Laziale sull'Aurelia e andarono a vivere nella casa del nonno paterno, Zeffiro Rossellini. «Quando Rossellini si trasferì qui non aveva casa a Roma, né aveva un vero e proprio lavoro», racconta Paliotta. Ed è proprio qui nella città balneare che inizia a girare «alcuni di quelli che oggi chiamiamo corti» che avevano come protagonisti «la natura e gli animali», in un periodo in cui, «la Disney creava i suoi cartoni animati con animali».
Per Rossellini quello «era il modo più semplice» di realizzare qualcosa non avendo una grande disponibilità di fondi.
Bastano pochi anni, due, perché Rossellini diventi nel '38 assistente alla regia di Goffredo Alessandrini per "Luciano Serra pulota".
L'anno dopo firma il corto “Fantasia Sottomarina” che riesce a ottenere successo, suscitando l'interesse delle case cinematografiche romane. Tra le amicizie e le persone che lo stimavano c'era sicuramente Vittorio Mussolini figlio del Duce.
E proprio negli anni del fascismo porta a termine la cosiddetta Trilogia fascista su incarico del Ministero della Guerra: “La nave bianca”, “Un pilota ritorna” e “L'uomo della croce”.
Perché il legame con la città balneare? Semplice, spiega Paliotta, «nel '42, per otto mesi, nelle campagne intorno al Castellaccio dei Monteroni - che ai quei tempi erano completamente deserte - Rossellini ricrea un villaggio della campagna dell'Ucraina facendo realizzare una decina di isbe con i tetti di canne e ginestre». Un'operazione che ha visto impegnati «operai di Ladispoli».
Ma non solo: nel film, se i militari italiani sono effettivamente soldati "veri", per i soldati sovietici e per le comparse «utilizzava i ladispolani».
«L'appuntamento era alle 9 in piazza e da lì con un pullman messo a disposizione dalla produzione - racconta ancora Paliotta - chi voleva diventare una comparsa veniva portato nelle campagne dei Monteroni». Non solo dunque i luoghi di Ladispoli sul grande schermo, ma anche un ritorno economico per chi vi abitava.
E così si va avanti tra un film e l'altro fino al dopoguerra, negli anni '50, con il cinema «di nuovo in rilancio anche grazie a delle leggi che favoriscono le produzioni italiane». «Tra il '52 e il '53 vengono girati ben otto film». Il primo, nel '51, è di Blasetti che con Rossellini aveva instaurato un bel rapporto di amicizia. Tra questi Paliotta ricorda "Altri tempi" di Blasetti, girato ai Monteroni e "Umberto D" di Vittorio De Sica,dove gli ultimi 15 minuti sono stati girati totalmente nella Stazione di Palo Laziale e nel passaggio a livello che allora c'era.
«È un periodo incredibilmente importante per il cinema di Ladispoli». Una cittadina che a quei tempi (nel '51) contava 2500 abitanti. «Per fare un esempio Tolfa e Allumiere avevano più residenti».
E poi, ancora, c'è Mario Soldati che «in una parentesi particolare della sua attività» ha girato "Il sogno di Zorro" e "I tre corsari". A fare da sfondo il Castello e il borgo di Palo.
«Venne addirittura ricostruito un galeone spagnolo a grandezza naturale posizionato davanti al Borgo dove rimase per anni perché fu utilizzato per altri film ("La nave delle donne maledette")».
E poi ancora il centro città, la spiaggia di Torre Flavia con la sua sabbia nera (poi scomparsa a causa dell'erosione), per tanti altri film come "L'uomo di paglia" (vincitore del Nastro d'Argento per la miglior regia e per il miglior commento musicale nel 1959).
E ancora "La Bibbia" di John Huston che tra tante location visitate in Grecia, Tunisia, Spagna, alla fine scelse il Parco- giardino di Palo.
Si arriva, alla fine, agli anni '80, quando «Ladispoli diventa un luogo comune nei film di Verdone e Pippo Franco», dove si passa «dal paradiso terrestre del bosco di Palo al boom dei vacanzieri che in quegli anni fanno registrare anche 100mila presenze in estate» grazie al boom economico. In totale si parla di «quasi 45 film ambientati in tutto o in parte in città».
Ultimo, in ordine di tempo, ricorda Paliotta, "Pinocchio" del 2019: la spiaggia dove Geppetto e Pinocchio vengono portati dopo essere fuggiti dalla bocca della balena è proprio il borgo di Palo. «Un luogo dove nel giro di pochi chilometri si sono potuti girare film ambientati a Maracaibo, nella Steppa dell'Ucraina, nel Messico di Zorro e dove addirittura si è potuto ricreare il Paradiso Terrestre; tutto è meno che un luogo comune, come per molto, troppo tempo, Ladispoli è stato considerato», ha commentato Paliotta.
«Con questo lavoro di ricerca,durato più di 10 anni abbiamo raccontato, con l’interesse che soprattutto il cinema può aiutare a suscitare, i luoghi ma anche le persone che hanno fatto crescere questa città, che oggi conta dieci volte di più degli abitanti che aveva nel Dopoguerra. E anche questa sembra un'avventura da film».
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