CIVITAVECCHIA – Una conferma è arrivata dal Blue Planet Economy. L’eolico offshore è un progetto che, per Civitavecchia, è scollegato dal phase out e non può rappresentare l’alternativa unica e naturale nel momento in cui verrà abbandonato il carbone. Lo switch-off per la centrale a carbone ed il passaggio alle rinnovabili non potrà infatti contare esclusivamente sul progetto di eolico offshore, specie se non collegato ad un impianto a terra.

Anche e soprattutto per le tempistiche e le ancora poche certezze sul piano normativo-burocratico. Nell'ambito della tavola rotonda "Soluzioni per la decarbonizzazione", infatti, moderata dal presidente del comitato Piccola Industria di Unindustria Cristiano Dionisi sono intervenuti Pino Musolino, presidente AdspMar Tirreno Centro Settentrionale, Michele Pizzolato di ENI Plenitude, Giacomo Rispoli di Myrechemical – Gruppo Nextchem, Massimiliano Ceresani di Horizon Technology Group spa società benefit, con la vice presidente della Regione Lazio, Roberta Angelilli, ha concluso l'incontro.

Proprio il referente di Eni Plenitude Michele Pizzolato, ha ricordato che, tra i progetti presentati, quello in Sicilia è l’unico finora ad aver ottenuto la Via che gli permetterà - questo l’auspicio del gruppo - di poter partecipare alle aste del 2025, riuscendo così a mettere a terra l’impianto per il 2028-2029. Per quanto riguarda il parco galleggiante a largo di Civitavecchia, il progetto è ancora in fase preliminare. Tanto che sullo stesso sito internet Tyrrhenian Wind Energy - composto dai danesi di Copenhagen Infrastructure Partners, esperti in impianti eolici offshore, da Eni Plenitude e dalla Cassa Depositi e Prestiti - si legge che “la costruzione del progetto è prevista per il 2030”, con “lo studio di impatto ambientale presentato nell’agosto 2023”. Evidenziate nel corso dell’intervento anche alcune criticità tecniche, derivanti dalla remunerazione nell’ambito del Decreto Fer2 e del rapporto rispetto al resto dell’Europa, e dal come verranno impostate le aste. L’obiettivo evidenziato da Eni è quello di fare squadra con il territorio, e cercare di partire nel più breve tempo possibile.

E nel corso dello stesso panel, è stato Giacomo Rispoli di Myrechemical – Gruppo Nextchem ad illustrare uno dei cinque progetti portati all’attenzione del tavolo convocato al Mimit sul phase out dal carbone di Tvn. Un progetto da 700 milioni di euro per la produzione di biofuel da materiali di riciclo, creando - come spiegato nel corso dell’intervento - sinergie idustriali con le Pmi, la riqualificazione delle aree in via di dismissione all’interno della centrale Enel, valorizzando le infrastrutture esistenti, garantendo la massima integrazione con i servizi e la logistica di sito, anche relativamente all’utilizzo delle maestranze e delle società di manutenzione già impewgnate sul sito. Inoltre contribuirebbe alla realizzazione di una Hydrogen Valley con la produzione di idrogeno sostenibile ad un terzo del prezzo di quello da elettrolisi. Lo stesso Rispoli ha quindi ricordato come la commissione europea abbia decretato che questa tecnologie e l’idrogeno che viene prodotto sono «perfettamente compatibili con le politiche di decarbonizzazione europea».

I NUMERI DEL PROGETTO – Numeri alla mano il progetto garantirebbe 80 unità dirette di personale qualificato e opportunamente formato. Altrettanti lavoratori indiretti, 50 in ambito elettromeccanico e 30 negli ambiti logistici e dei servizi generali. Si prevede quindi un valore di indotto locale pari a 250 unità con possibilità di sviluppo di nuove competenze grazie ad attività di reskilling e formazione di professionisti esperti nella costruzione, gestione e manutenzione di impianti tecnologici per la conversione ottimale degli scarti urbani. La società ha quindi concluso, confermando ampia disponibilità ad approfondire ogni aspetto del progetto, che potrebbe essere messo in campo nel breve periodo, insieme al territorio.

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