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L’allarme di Pmi Sanità, l’associazione che riunisce quasi 200 aziende italiane, piccole e medie imprese, fornitrici di dispositivi medici e che supportano la sanità: “In Italia, a causa di una norma che prevede una maxi tassa, sono a rischio 4mila imprese che forniscono agli ospedali e alle strutture sanitarie dalle garze alle siringhe alle valvole cardiache, allo stent coronarico, alla protesi del femore. Tutti dispositivi indispensabili per curare le persone. Per 2mila di queste aziende la tassa denominata ‘payback’ è una vera condanna al fallimento. In gioco c’è il futuro di 4-5 mila piccole medie imprese del settore dei dispositivi medici e la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale che, se non si agisce immediatamente, andrà incontro al collasso. Abbiamo solo due mesi di tempo per evitare questa catastrofe”. Più di un’allerta o un Sos, è un vero e proprio allarme tsunami, lanciato in un’intervista a LaPresse da Gennaro Broya de Lucia, presidente di Pmi Sanità. A mettere in pericolo, oltre a quasi 200mila posti di lavoro, anche la salute dei cittadini, è il sistema di tassazione ‘payback’ in base al quale le aziende private del settore che fornisce i dispositivi medici – cosa ben diversa dalle apparecchiature – sono chiamate a sanare lo sforamento del tetto fissato dallo Stato sulla spesa sanitaria regionale, con una tassa pari al 50% dell’intero importo dichiarato dalle Regioni. “Una cifra folle, pari a 6 miliardi, della quale i fornitori non avevano contezza preventiva, né controllo.- sottolinea Broya de Lucia.- La somma totale viene ripartita per singole aziende, sulla base del fatturato e non dell’utile. E così, in alcuni casi, il payback va a pesare sull’80-90% e anche 100% del valore del fatturato. Ci sono aziende che fatturano 5 milioni l’anno e devono pagare 4 milioni di payback, fino a situazioni in cui vengono richiesti più soldi di quanto è stato guadagnato e dell’intero stato patrimoniale”. Per questo Pmi Sanità torna a chiedere al governo con estrema urgenza di introdurre una franchigia per il periodo 2015-2018, per evitare una crisi emergenziale, mitigando l’impatto “devastante” della tassa. “Dal 2019 in avanti la soluzione contro il
collasso è che il tetto di spesa delle Regioni sia portato al 7,3% dall’attuale 4,4%“, aggiunge Broya De Lucia. “Il payback non è una semplice tassa – sottolinea – ma un’imposizione insostenibile applicata col taglione su forniture effettuate dal 2015 al 2023: a 4-5mila aziende è stato chiesto di pagare 6 miliardi su questi 8 anni”. Insomma, “la maledizione payback fa apparire nuovi debiti e ruba il credito delle aziende per trasferirlo alle regioni“, è la sintesi.
INDISPENSABILE UNA “FRANCHIGIA”
Secondo il presidente di Pmi Sanità Gennaro Broya de Lucia per evitare il collasso è indispensabile “sterilizzare gli effetti del payback per il passato (2015-2021) e abolire l’istituto, salvaguardando in special modo le Pmi, e adeguare i tetti di spesa ai fabbisogni effettivi”. Ma, ora e subito, per il presidente di Pmi Sanità c’è solo una strada, adottare misure intermedie. La soluzione si chiama “franchigia”, ossia l’esenzione dalla maxi tassa per le aziende al di sotto di determinate soglie di fatturato. Questo principalmente per evitare il fallimento vero e proprio di molte imprese, almeno 2mila, seppur garantendo un minore incasso per lo Stato, ma in misura sostenibile. Pmi Sanità ha chiesto un incontro con il titolare del Mef, il ministro Giancarlo Giorgetti. “Un incontro che stiamo aspettando”, dice Broya de Lucia, spiegando che nel frattempo le istanze delle aziende sono state poste all’attenzione dell’esecutivo anche dalla Conferenza Stato Regioni. Il sistema di tassazione del payback è inserito nel Dl Aiuti bis dell’ottobre 2022 e definisce le regole per l’applicazione di un sistema di compartecipazione delle imprese allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria. È stato pensato oltre 8 anni fa, dal governo Renzi, come sistema di tassazione nato per il settore farmaceutico, poi nel 2022 trasferito anche al settore dispositivi medici. Di fatto – fa notare il presidente di Pmi Sanità – “lo Stato sposta ex lege una parte dei costi per le cure indispensabili degli italiani sulle aziende private del settore, che sono chiamate a sanare lo sforamento del tetto fissato sulla spesa regionale. Il payback va a colpire relativamente di più proprio le imprese meno strutturate condizionandone l’operatività e in molti casi la stessa esistenza sul mercato”. Sono stati sinora 2mila i ricorsi al Tar Lazio contro il payback, attualmente pendenti e molti dei quali hanno ottenuto la sospensione cautelare. Il governo ha disposto varie proroghe del termine per procedere ai pagamenti e un abbattimento del contributo del 48% circa condizionato all’abbandono del contenzioso dinanzi al Tar. E il Tar ha poi rimesso la questione alla Consulta, che a luglio scorso si è pronunciata ritenendo il payback legittimo, in quanto “un contributo di solidarietà” necessario a sostenere il Ssn. “E se questa maxi tassa sinora non è mai stata applicata, per la sua complessità nonché discussa legittimità – sottolinea Broya de Lucia – a ottobre, nel momento in cui cadrà la sospensiva del Tar, se il Tribunale Amministrativo del Lazio non aprirà l’incidente presso la Corte europea, e se quindi arriverà una sentenza negativa per noi, automaticamente migliaia di aziende falliranno. I soldi della tassa verranno tolti dal loro conto corrente. Se, invece, si apre l’incidente davanti alla Corte europea, allora avremo ancora due anni davanti”, spiega il presidente di Pmi Sanità. Il mercato dei dispositivi medici, in Italia, vede una predominanza di piccole e medie imprese. Il payback rischia di colpire proprio queste realtà, spingendole verso una crisi senza precedenti. Ecco perché Pmi Sanità con estrema urgenza chiede sia introdotta una franchigia da applicare a tutti, indipendentemente dal fatturato: “sono state fatte varie ipotesi di franchigia crescente da 3 sino a oltre 50 milioni. Applicando, ad esempio, la soglia di esenzione di 3 milioni di euro di ricavi in media sul 2015-2018, una azienda che fattura 3 milioni non paga il payback e una che ne fattura 103 lo paga su 100 milioni. E in questo caso il mancato gettito sarebbe poco meno di 170 milioni. Più alta è la franchigia più sono le aziende che si salvano dalla crisi e dal fallimento, evitando la paralisi di un intero comparto e del sistema sanitario che si occupa della salute dei cittadini”, spiega Broya de Lucia. “Solo così si potrà impedire il collasso della sanità italiana e di un settore caratterizzato da Pmi fondamentali per il Paese”, conclude.