ENRICO CIANCARINI
CIVITAVECCHIA – Una lettrice ha chiesto di dedicare l’Almanacco a qualche episodio di cronaca nera accaduto a Civitavecchia nei decenni scorsi. L’accontento rievocando due episodi successi nel lontano marzo 1902. Per ovvi motivi non pubblicherò i nomi completi dei protagonisti ma solo le loro iniziali.
Era da poco scoccata la mezzanotte del 2 marzo, quando il ventenne pescatore Antonio F. “per gelosia di mestiere” e “per rancori precedenti” pugnalava al cuore il “non meglio identificato” Aniello, di anni ventitre “detto il fioraio” anche lui pescatore “rendendolo cadavere”.
L’omicida fu subito arrestato in flagranza di reato dalle guardie di P.S. Francesco Anastasi ed Ersilio Caramanico dopo una breve collutazione (Il Messaggero del 4 marzo 1902).
Il giorno dopo, la vittima veniva identificata in Aniello C. originario di Resina come il suo omicida. Il corrispondente civitavecchiese del giornale romano, Evaristo Spaccari, fornisce nel nuovo articolo maggiori dettagli: “L’uccisore, A.F., ha riportato alcune ferite nelle mani; egli dice di averle avute dall’avversario con colpi di coltello. Ma questo sembra poco attendibile, non essendosi trovata al A.C. nessuna arma”. I testimoni del fatto affermavano che fra i due pescatori “era corsa una sfida dopo una violenta contesa: si strinsero la mano, in segno che l’accettavano!”. A questo punto, interveniva il proprietario del Caffè napoletano posto in piazza Vittorio Emanuele che li convinceva a fare pace. Spaccari concludeva: “pace del resto che finì tragicamente col pugnale!”.
In quegli anni, nelle tasche dei civitavecchiesi di ogni età il coltello era una presenza costante, come nel resto del Paese. Erano così frequenti le liti che si concludevano con l’accoltellamento del rivale, che a Roma fu fondata una Lega contro l’uso del coltello che si proponeva di convincere gli uomini (ma anche le donne spesso lo portavano con se) a fare a meno di tale accessorio. In quello stesso numero del Messaggero del 5 marzo 1902, si registrava un altro ferimento con coltello avvenuto nella vicina frazione di Santa Marinella: il ferito, un bracciante, se la cavava con dieci giorni di prognosi. Pochi giorni dopo, il 24 marzo, cinque forestieri di passaggio, che si trovavano in una casa di via Testaccio (uno dei bordelli cittadini) furono perquisiti dalle guardie di città che “trovando loro indosso coltelli di genere proibito” li arrestarono e li deferirono all’autorità giudiziaria.
Negli stessi giorni, Civitavecchia veniva sconvolta da un altro grave episodio doloso: nella notte del 6 marzo, alle ore 23 circa, “un grandissimo incendio sviluppavasi in una stalla, nella tenuta San Gordiano, distante tre chilometri e mezzo dalla città”.
Intervennero subito i soldati del reggimento di fanteria, i marinai delle torpediniere, i vigili volontari del fuoco e la pubblica assistenza. Purtroppo un cavallo e ventitre vacche andarono perse.
Ma la cosa più grave, fu che all’interno della stalla, di proprietà del dottor Pietro Falleroni, dormivano quattro uomini, che riuscirono a fuggire, e un ragazzo di dodici anni, Orlando P., che invece rimase intrappolato nella stalla e morì fra le fiamme.
Ai vigili e ai militari servì tutta la notte per aver ragione dell’incendio. Un vigile, Gaetano Nicolai, rimase ferito da una tegola caduta dal tetto.
Sempre lo Spaccari ci fornisce maggiori informazioni: “l’incendio veniva segnalato da un immenso chiarore, veduto a grande distanza, e da diversi cani giunti in città, i quali, come spaventati, fuggivano alla rinfusa”. Il cronista indicava che il proprietario “fu visto piangere come un bambino; perderà molto”. Nello stesso articolo, si lodava il marchese Benedetto Guglielmi, direttore dei vigili, “che accorse prontamente e mostrò valore e coraggio”.
I primi riscontri indicavano che le cause dell’incendio fossero dolose, “le autorità stanno indagando diligentemente”. Era opinione diffusa che fosse una vendetta contro il dottor Falleroni.
Il 7 marzo si tennero i funerali del giovane Orlando che “riuscirono imponenti. Vi presero parte la confraternita della Morte, un drappello di vigili, la pubblica assistenza, i carabinieri, le guardie di pubblica sicurezza ed il concerto della società Ponchielli. Seguiva il feretro un’infinità di popolo”.
Nei giorni successivi furono eseguiti numerosi arresti di sospettati per l’incendio di San Gordiano. Il giornale parlava di indizi gravi. Alcuni di essi furono però rilasciati alcuni mesi dopo.
Non avendo rintracciato articoli su un eventuale processo, non so come si concluse questa triste vicenda che sconvolse i civitavecchiesi ad inizio ventesimo secolo.
Ritornerò su altri impressionanti episodi di cronaca nera a Civitavecchia nei prossimi almanacchi.