CIVITAVECCHIA – «La recente lievitazione dei costi del servizio mensa scolastica per le famiglie di Civitavecchia è una conseguenza diretta delle decisioni politiche adottate dalla precedente amministrazione comunale. Non si tratta di un aumento significativo del costo del singolo pasto, ma della riduzione delle fasce Isee e dell’eliminazione degli sconti previsti per il secondo e il terzo figlio».

Dopo quasi due mesi dai primi articoli in cui le famiglie, in procinto di rinnovare l’iscrizione al servizio di mensa scolastica per l’anno 2024/2025, lamentavano aumenti importanti dei costi a gravare sui bilanci familiari la risposta dell’amministrazione comunale lascia parecchio a desiderare. Sostanzialmente viene ribadito l’impegno e la volontà a trovare una soluzione che, però, ad oggi non c’è. Sembra essere questo in estrema sintesi il significato della nota inviata in queste ore dal Pincio all’indomani della petizione protocollata dai genitori dei piccoli alunni degli istituti cittadini preoccupati dai costi importanti.  

Una richiesta di aiuto all’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Marco Piendibene che però sceglie di ribadire quanto già spiegato dal vicesindaco Stefania Tinti a inizio agosto e punta il dito sull’ex amministrazione targata Tedesco. «Con la Deliberazione di Giunta – spiegano – dell'8 novembre 2023, infatti, le fasce ISEE sono state ridotte da otto a cinque, e sono stati completamente cancellati gli sgravi del 30% per il secondo figlio e del 50% per il terzo figlio. A partire da un reddito ISEE di 20.000 euro, le famiglie si trovano ora a dover pagare per intero il costo del pasto, un cambiamento drastico rispetto alla precedente soglia di 40.000 euro».

Fin qui tutto bene. «Senza le fasce intermedie – dice Tinti – tra i 20.000 e i 40.000 euro, le famiglie del ceto medio subiscono un aumento considerevole delle spese, soprattutto se ci sono due o più figli a carico. Questo genera un impatto economico insostenibile per molte famiglie, e la nuova amministrazione comunale non può rimanere indifferente».

L’amministrazione comunale spiega che «il capitolato di gara per il nuovo appalto del servizio mensa, costruito sulla base delle delibere della precedente giunta, era già concluso al momento dell’insediamento dell’attuale amministrazione». «A norma di legge, non possiamo modificare né annullare il capitolato di gara già concluso – aggiunge l'assessore -. Abbiamo però lavorato costantemente con la ditta Vivenda, che gestisce il servizio, affinché venissero apportate varianti che potessero almeno ridurre il danno subito dalle famiglie».

Tinti esprime il suo forte disappunto per le scelte della precedente amministrazione: «È grave che non sia stato tenuto in alcun conto il valore sociale, educativo e formativo del servizio mensa. Siamo assolutamente vicini alle famiglie e condividiamo le loro preoccupazioni. Per questo motivo, continueremo a mantenere un confronto aperto e costruttivo con la ditta appaltatrice per trovare soluzioni alle difficoltà oggettive che sono emerse». 

L'amministrazione comunale «ribadisce il proprio impegno nel cercare di risolvere la situazione, pur nel rispetto dei vincoli legali legati al capitolato di gara». 

Quindi, appurato che in questo caso è valido il mantra “è colpa di chi c’era prima” bandito a inizio mandato, cosa dovranno fare i genitori? Pagare o non far mangiare i figli a scuola. Molto semplice, una soluzione in cui gli stessi genitori sono stati profetici nella lettera inviata proprio ieri perché siamo a 10 giorni dall’avvio del servizio e di altre soluzioni neanche l’ombra. Mentre alcuni pensano ad un sit-in sotto al Pincio c’è invece chi ha ripreso a fare i conti tra orari e impegni cercando di “incastrare” i bimbi tra nonni o turni lavorativi, con buona pace delle fasce deboli che anche in questo caso si trovano a fare i conti con l’ennesimo salasso e con una risposta che lascia un po’ di amaro in bocca.

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