«Una decisione maturata, non nell’ultimo periodo ma dallo scorso maggio, essenzialmente per mancanza di tempo».
Così Daniele Rossi, consigliere di maggioranza, motiva e ribadisce la scelta di dimettersi da presidente e da componente della V commissione consiliare, spiegando che «il settore della società in house providing ha bisogno di qualcuno che abbia del tempo non solo per leggere i dati ma poi analizzarli e quando richiesto, senza essere troppo invasivo, dare anche consigli in merito.
Quindi essenzialmente è una mia mancanza di tempo che potrebbe andare a pregiudicare il buon esito di questo iter».
Rossi tiene poi a sottolineare che, alla base delle sue dimissioni, non sussiste «alcun problema con la Francigena né dubbi sul piano di risanamento, né con l’amministrazione» dove riveste il ruolo di consigliere comunale. Una risposta alle indiscrezioni che paventavano attriti proprio in merito alla riorganizzazione della partecipata.
«Ritengo che il piano di risanamento di Francigena sia fatto bene, però - aggiunge - ritengo altresì che non può essere vincolante. Le società di capitali, quindi commerciali come è anche la nostra partecipata, operano in un mercato di libera concorrenza che deve tenere conto degli input interni ed esterni. Pertanto un piano di risanamento rigido non può essere vincolante in tutto e per tutto. La cosa importante è che si raggiunga il risultato prefissato all’interno del piano».
Oltre a ribadire la validità del piano di riassetto economico, Rossi non intende entrare nel merito delle capacità dell’amministratrice unica «anche perché non sono nessuno per poterlo fare, ritengo che la dottoressa Elisabetta Ferrari, la quale sta sicuramente facendo un ottimo lavoro, quando porterà i risultati a marzo 2025 tutti si renderanno conto che ha ottemperato in tutto e per tutto al piano di risanamento. Poi non è una cosa fondamentale eseguire i punti in maniera vincolante, importante è quello che poi si raggiunge. Attendiamo tutti marzo 2025 per vedere se la Ferrari ha fatto quello che doveva fare».
Secondo il consigliere una certa autonomia gestionale va concessa «altrimenti è inutile pagare un’amministratrice se poi non è nelle condizioni di poter amministrare», fermo restando comunque anche l’importanza di un passaggio al vaglio del consiglio comunale.
Rossi tiene però a rimarcare il messaggio «che quando un’impresa opera in un libero mercato deve dare risposte subito. La società pubblica è più lenta di quella privata, che reagisce agli input in maniera immediata». E porta l’esempio del periodo Covid in cui tutte le farmacie effettuavano tamponi mentre quelle comunali no.
«Se per ogni cosa si deve passare obbligatoriamente dal consiglio, che sicuramente è cosa da fare, non si fa altro però che rallentare quel meccanismo che richiede una risposta immediata. E quella che poteva essere un’opportunità, nell’attesa dei passaggi in commissione e poi in consiglio, è sfumata».
Un ragionamento che, dal punto di vista imprenditoriale e commerciale e nell’ottica del risanamento di una società il cui anello debole è costituito in particolare dalla gestione delle farmacie comunali, non fa una piega.