La provincia di Viterbo è la 12esima in Italia per l’incidenza delle imprese femminili sul totale delle aziende con il 27,9%. Si evince dall’analisi fatta dall’ufficio studi della Cgia di Mestre su dati di Unioncamere.
I dati sono aggiornati al 30 settembre 2024.
La Tuscia, su un totale di 32.529 imprese, ne ha 9.089 gestite da donne. Nel Lazio la provincia di Viterbo è seconda, per presenza di imprese femminili, preceduta solo dalla provincia di Frosinone (7° in Italia) in cui l’incidenza delle ditte condotte da donne sono il 28,7% del totale per 11.342 unità.
Dopo la Tuscia c’è la provincia di Rieti (17° nazionale) con il 26,4% pari a 3.367 unità. Segue la provincia di Latina con il 26,0% (20° posto in Italia) pari a 12.287 imprese e la città metropolitana di Roma è ultima regionale e 66° nazionale con il 22,7% pari a 76.519 imprese al femminile.
La prima provincia in Italia per incidenza di imprese femminili è Cagliari con il 40,5% pari a 13.340 imprese. Seguono Benevento, Avellino, Nuoro, Chieti, Bari, Frosinone, Foggia, Grosseto e Potenza.
Ultima in classifica è la città metropolitana di Milano con il 17,9% di imprese gestite da donne pari a 57,341 unità: Milano è preceduta da Trento, Bolzano, Reggio Emilia, Monza Brianza, Oristano, Lodi, Como, Vicenza e Treviso. In Europa l’Italia ha due posizioni opposte: è al primo posto per numero assoluto di imprenditrici donne con 1.610.200 unità, seguita da Francia (1.433.100); Germania (1.294.700); Spagna (1.149.700) e Polonia (1.138.600).
L’Italia è invece penultima in Europa per il numero totale di donne occupate pari al 42,4% per 9.988.600 unità.
“L’assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa – nota la Cgia di Mestre - compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni”.
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’imprenditorialità femminile italiana circa il 56% si occupa dei servizi alla persona e alle imprese; poco meno del 20% di commercio; il 10% del settore Horeca (hotel, ristoranti e bar) e il 6% sono attive nell’industria e la stessa percentuale in agricoltura.
La Cgia precisa anche che l’Italia non ha investito sufficientemente nello “sviluppo dei servizi sociali e della prima infanzia” penalizzando le donne perché “in assenza di adeguati investimenti in questi ambiti non sono stati creati nuovi posti di lavoro che avrebbero potuto essere occupati prevalentemente da donne”.
Inoltre le donne tendono ad assumere altre donne e l’autoimprenditorialità è, per molte donne, l’unica possibilità di trovare una vera occupazione anche per la maggiore flessibilità rispetto ad un posto fisso.