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CIVITAVECCHIA – La sosta oraria su via Traiana ha riacceso il dibattito sul commercio cittadino e sullo svuotamento delle vie centrali di Civitavecchia.
Un tema che l’ex delegato Confcommercio, Tullio Nunzi, affronta con amarezza: «Chissà se nel momento di apporre la segnaletica ci si è accorti del numero di serrande abbassate con il triste cartello “affittasi”». Tante le serrande abbassate, tanti i cartelli con scritto “vendesi” o “affittasi” in una via un tempo vitale per la sua vicinanza al mercato, oggi simbolo della desertificazione commerciale. «La chiusura dei negozi incupisce i cittadini. I negozi non sono solo esercizi economici, ma punti di riferimento sociali, presidi di sicurezza e servizi per i più fragili» sottolinea Nunzi, preoccupato dalla rassegnazione che prevale nel dibattito pubblico.
«Non è un destino inevitabile - ha infatti sottolineato - il commercio rimane vitale e decisivo per lo sviluppo economico della città».
Nunzi richiama il progetto nazionale di Confcommercio “Cities”, che propone azioni contro la desertificazione: riconoscere i negozi come servizi di interesse pubblico, gestire meglio la logistica urbana, rigenerare le aree commerciali, creare alleanze tra pubblico e privato e garantire sgravi fiscali per nuove attività. «Non si tratta di parole, ma di fatti - ha aggiunto - in molte città italiane sono partiti studi specifici».
Ma Civitavecchia? Può diventare un laboratorio di rilancio? «Il porto di Roma è il primo scalo crocieristico italiano e, con il Giubileo, può diventare il primo europeo - ha ricordato, Nunzi - ogni anno sbarcano oltre tre milioni di persone, trecentomila restano in città. Eppure, secondo un’indagine di Confcommercio Roma, i negozi di prossimità ne traggono pochissimo beneficio, mentre il flusso si concentra su bar e ristoranti».
Nunzi evidenzia quello che sembra un paradosso: «Possibile che una città con milioni di visitatori veda morire il suo commercio locale? - si chiede - qualcosa non ha funzionato o è stato sottovalutato. Servono interventi adeguati». E avanza una proposta immediata: «Se non possiamo entrare nel progetto ‘Cities’, perché non chiedere un consiglio comunale aperto? - ha concluso - sarebbe l’occasione per mettere al centro un problema devastante per i commercianti e per l’intera città, che così perde servizi e vivibilità. Il silenzio è incomprensibile».
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