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L'ingresso dell'Ospedale San Paolo di Civitavecchia
CIVITAVECCHIA – È amareggiato il cappellano dell’ospedale San Paolo di Civitavecchia Don Herbert mentre racconta la sua esperienza fatta di porte chiuse ed una crescente sensazione di essere "di troppo" in quella che un tempo era una sua seconda casa. La cappella, luogo di conforto spirituale per pazienti, familiari e personale medico, è stata chiusa per lavori, senza alcun preavviso né possibilità di intervenire. «Sono arrivato ieri e non sono potuto nemmeno entrare per avere la possibilità di coprire statue o tabernacolo», racconta il sacerdote. Un episodio che si inserisce in una situazione che definisce “spiacevole”.
In base al contratto stipulato tra Curia e Asl, Don Herbert avrebbe dovuto avere a disposizione non solo una cappella, ma anche una stanza per svolgere il proprio ministero e accogliere le persone. Tuttavia, da un paio d’anni, la situazione è cambiata. «Non ho più una stanza dove accogliere pazienti o familiari», continua il cappellano. «Non so più dove mettere le mie cose. Eppure, sono reperibile 24 ore su 24».
Una delle questioni principali riguarda proprio la cappella. Più volte Don Herbert ha chiesto di spostarla al piano terra, per renderla più accessibile, come avviene in molti ospedali, ma non è mai stato ascoltato. «Anzi, dieci anni fa ho dovuto lottare perché non la collocassero vicino all’obitorio», sottolinea. La situazione sembra ora essersi ulteriormente complicata: «Dopo l’estate mi era stato detto che sarebbero iniziati i lavori per spostare la porta della cappella. Ma ora, senza alcuna comunicazione, me la ritrovo chiusa».
Don Herbert ha tentato di portare via il Santissimo per trasferirlo in parrocchia, ma anche questo gli è stato inizialmente impedito. «Mi hanno detto che era un cantiere e non potevo entrare, giustamente. Ho dovuto insistere e alla fine ce l’ho fatta», racconta. «Non c’è più bisogno della presenza religiosa in ospedale?». Un interrogativo che rimbomba nelle sue parole. Don Herbert celebra la messa due volte a settimana, il mercoledì e la domenica, ma ieri non ha potuto farlo. «Non ho idea di quando potrò tornare a celebrare. Quando finiranno i lavori? Nessuno sa dirmelo», lamenta il sacerdote.
Non è solo la chiusura improvvisa della cappella a sollevare dubbi. Anche la recente storia dell’ospedale sembra puntare verso una progressiva marginalizzazione della componente religiosa. «Le Suore Ospedaliere della Misericordia hanno lasciato l’ospedale prima della pandemia», ricorda Don Herbert. «Probabilmente perché avevano già capito che la loro presenza non era più gradita. E ora temo che stia succedendo lo stesso con me».
Una preoccupazione che Don Herbert ha già condiviso con il vescovo. Al momento, poche certezze. «Io continuo a fare il mio dovere, perché qui c’è ancora tanto bisogno di sostegno spirituale», conclude. «Ma spero che qualcuno mi dia delle risposte».