«La Resistenza antifascista deve essere un impegno quotidiano. I valori della Resistenza non sono irreversibili, possono essere messi in pericolo. Dobbiamo combattere ogni rigurgito di fascismo e ogni forma di guerra». Lo ha detto il presidente dell’Anpi, Enrico Mezzetti, questa mattina in piazza del Caduti al termine delle celebrazioni della festa della Liberazione. Celebrazioni che si erano aperte con il corteo che, partito da San Sisto, ha attraversato il centro per arrivare al liceo che porta il nome, Marino Buratti, del giovane antifascista viterbese, dove gli studenti hanno letto alcuni suoi brani. Il corteo poi ha proseguito il cammino fino a piazza del Sacrario dove sono state deposte le corone sul monumento dei Caduti.

Le celebrazioni hanno visto una folta partecipazione. Si parla di circa 200 persone tra cui giovani, migranti, studenti, famiglie, associazioni e rappresentanti delle istituzioni civili e militari.

Presenti tra gli altri, il prefetto Gennaro Capo, la vicepresidente dell’Europarlamento Antonella Sberna, i deputati Mauro Rotelli e Francesco Battistoni, i consiglieri regionali Daniele Sabatini e Giulio Zelli.

«Un pensiero commosso va poi a Francesco – ha detto Mezzetti - il Papa della pace, del lavoro. Il Papa dei migranti di cui oggi c’è una grande rappresentanza, i braccianti portati in piazza dalla Uila di Viterbo».

Prima di lui avevano preso la parola il presidente della Provincia, Romoli e la sindaca Frontini.

«Celebrare il 25 aprile – ha detto Romoli – significa riconoscere che non c’è nulla di più prezioso della libertà. 80 anni fa l’Italia spezzava le catene della dittatura. Il 25 aprile segna una svolta fondamentale nella nostra storia. Il giorno in cui il popolo italiano ha ripreso in mano il proprio destino. Anche oggi – ha aggiunto Romoli – non siamo chiamati solo a ricordare, ma a scegliere. Il 25 aprile è autentico solo se trova un riflesso nel nostro vivere quotidiano. Solo se trasformiamo la memoria in azione, in coscienza, in libertà».

«Quando si rievoca il 25 aprile del 1945 - ha sottolineato la sindaca - c’è soprattutto un torto che possiamo commettere nei confronti della nostra storia e di noi stessi: quello di far scivolare via questa data come una semplice ricorrenza, come una formalità da sbrigare insieme a tante altre». Frontini ha poi sottolineato che «oggi in Italia e soprattutto a Viterbo questa nuova generazione di rappresentanti istituzionali ha, in relazione a queste ricorrenze, un dovere preciso: raccolto quel testimone e ricevuto dalla storia per mezzo della decisione dei cittadini che democraticamente l’hanno scelto, o scelta, a rappresentarli, abbiamo il dovere di osservare questo testimone con gli occhi dell’umiltà di chi sa di avere tra le mani qualcosa di prezioso, da proteggere prima e valorizzare, far crescere poi con l’obiettivo di farne sempre più, e finalmente una volta per tutte, cultura condivisa di tutti gli italiani e di tutti i viterbesi».