Ha interessato anche la provincia di Viterbo l’operazione della guardia di finanza di Terni che ha portato al sequestro di beni per 12 milioni e mezzo di euro in Italia e all’estero. Il provvedimento ha interessato 42 persone fisiche e 39 persone giuridiche. I reati ipotizzati sono associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, alle indebite compensazioni, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, al riciclaggio e all’autoriciclaggio.

Sono stati individuati e colpiti dal provvedimento complessi aziendali, beni e disponibilità finanziarie degli indagati nel territorio di Terni e di altre 14 province (Viterbo, Milano, Torino, Novara, Verona, Lucca, L'Aquila, Teramo, Roma, Napoli, Potenza, Catania, Sassari e Nuoro), nonché in Romania.

L’attività è stata posta in essere a seguito di una complessa ricostruzione della posizione fiscale e finanziaria di diversi soggetti economici e persone fisiche, effettuata attraverso il monitoraggio dei flussi finanziari che ha consentito di ricostruire la rete associativa criminale.

L’indagine è stata originata da un controllo fiscale effettuato nei confronti di una società di consulenza tributaria e fiscale, formalmente residente a Roma ma operante effettivamente nel ternano, che svolgeva la funzione di “garante” nell’istituto dell’accollo tributario con il ruolo di intermediario tra il soggetto accollante ed il soggetto accollato.

In sintesi, la società di consulenza, mediante contratti di natura civilistica, garantiva la buona riuscita dell’operazione di compensazione di debiti erariali di molteplici contribuenti, sparsi su tutto il territorio nazionale, con crediti fiscali generati da società terze, fornendo anche la consulenza legale in caso di controllo dell’Amministrazione finanziaria. Dalle attività amministrative effettuate emergevano, infatti, palesi anomalie in relazione della generazione del credito IVA vantato dalle società, rivelatesi mere cartiere e denominate tecnicamente “accollanti”, atteso che le stesse risultavano per lo più prive della capacità economica ed operativa atta a generare una esposizione creditoria di tale entità.

Il meccanismo fraudolento ricostruito veniva attuato mediante la creazione di diverse società intestate a soggetti nullatenenti, privi di fonti di reddito certificate, al solo fine di generare ed esporre in dichiarazione un ingente credito d’imposta non giustificato dalla necessaria documentazione contabile. Il sodalizio si avvaleva di alcuni professionisti compiacenti che attestavano falsamente la genuinità delle dichiarazioni fiscali, mediante l’apposizione di visti di conformità non realmente comprovanti la realtà societaria.

Successivamente, il credito Iva veniva ceduto mediante la stipula di contratti d’accollo tributario, tra le società accollanti (società cartiera titolare del credito) e le accollate (società titolari del debito tributario) e una società garante. Il contratto serviva a fornire simulatamente una giustificazione legale alle operazioni di compensazione.

In sintesi, l’accollante (società cartiera), che aveva generato il credito fittizio, tramite la società garante, “versava” per conto del contribuente (accollato), reale debitore verso l’Erario, l’Inps e l’Inail, le imposte dovute attraverso la presentazione di modelli F24, e percependo quale compenso, il 60/70 percento dell’imposta dovuta. Alcuni soggetti indagati, tramite società create in Romania, emettevano fatture per operazioni inesistenti che successivamente venivano inviate in Italia che hanno utilizzato per bonificare all’estero i profitti illeciti derivanti dall’attività criminosa.

Le risultanze emerse nell’ambito dei citati approfondimenti sono state partecipate con apposita comunicazione di notizia di reato alla locale Procura della Repubblica.

L’Autorità Giudiziaria, pertanto, delegava questo Reparto a svolgere mirati accertamenti tesi a raccogliere ogni elemento utile per dimostrare le condotte del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti disponendo, tra l’altro, l’acquisizione della documentazione bancaria.

Dalle attività delegate emergevano evidenti punti di connessione tra le indagini in corso da parte del Nucleo P.E.F. di Terni e le investigazioni condotte dal Gruppo di Terni in materia di riciclaggio e/o reimpiego di capitali di illecita provenienza.

Più nel dettaglio, è emerso come alcune delle disponibilità economiche frutto della condotta illecita analizzata nelle indagini svolte dai militari del Nucleo siano state impiegate, tra l’altro, per l’acquisizione di un deposito di prodotti petroliferi insistente su Terni del valore di 450.000,00 euro.

Al fine di corroborare gli elementi già raccolti e delineare compiutamente ruoli e responsabilità, la Procura procedente delegava l’esecuzione di un decreto di perquisizione e sequestro di documentazione nei confronti di 39 società.

A seguito di varie riunioni tenutesi con il collaterale estero, e in risposta all’ordine europeo di indagine emanato dalla locale Procura della Repubblica, sono stati individuati numerosi conti correnti nonché diversi beni immobili che sono oggetto di sequestro con apposito certificato di congelamento emesso dal G.I.P. cosi come previsto dalla normativa europea.

Nel corso dell’operazione odierna sono stati sequestrati anche gioielli, orologi ed accessori vari di altissimo lusso, titoli bancari e denaro contante in valuta euro ed estera.