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FIUMICINO - «Ora basta, noi non riusciamo più andare avanti»: è questo il grido dei pescatori della pesca a strascico in protesta a Fiumicino presso il porto canale per ribadire il loro “no” Piano d’azione Ue. Una manifestazione che si unisce a quelle delle marinerie di tutta Italia, unite per opporsi a quella che per loro sarà «Una rovina».
Il Piano d’azione prevede una forte limitazione della pesca a strascico in tutta Europa entro il 2030 e propone la creazione di ulteriori aree marine protette. Quello che viene contestato, inoltre, è la totale dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di prodotti ittici che il Piano d’azione creerà.
«Un documento che si basa su dati scientifici – spiegano le sigle – non aggiornati e accurati e non considera l’impatto sociale che ed economico che avrà sulle imprese, i lavoratori e i territori».
La pesca a strascico rappresenta nel nostro Paese il 20% della flotta totale peschereccia, con 2088 unità e circa 7 mila lavoratori, il 30% degli sbarchi ed il 50% dei ricavi. Un settore che in Europa contribuisce per il 25% agli sbarchi totali di prodotti ittici e al 38% dei ricavi, con 7 mila imbarcazioni.
La nuova normativa, infatti, fa “paura” ai pescatori locali: poche zone di pesca, rischio aumento delle importazioni, senza un’adeguata tracciabilità ed una serie di limitazioni che si andranno ad aggiungere a quelle già imposte ai pescherecci: «Manifestiamo per sostenere il nostro Governo che sarà a Bruxelles a Consiglio Agrifish a Bruxelles per ribadire a la contrarietà dell’Italia a questa proposta – ha spiegato Gennaro Del Prete, coordinatore regionale Federpesca e uno dei proprietari dello storico peschereccio “Nonno Ciro” -. Se pensiamo agli anni passati, c’erano 40mila pescherecci in attività, ma ad oggi appena 12mila. Se tale piano verrà approvato, sarà una rovina per il nostro settore, che vede già interdette molte aree in cui la pesca è vietata. Rispettiamo da sempre queste norme, ma se si aggravano ulteriormente tutto questo non sarà più sostenibile per la pesca».
Prioritario secondo i pescatori è tutelare il commercio del pesce Made in Italy: se il Piano d’azione verrà approvato, le conseguenze potrebbero riguardare il pesce che arriva nelle nostre tavole. Il rischio, infatti, è che meno possibilità di pesca locale, potrebbe portare ad un’eccessiva importazione del pescato: «Si tratta di una deriva – ha dichiarato Francesca Biondo, direttrice di Ferderpesca – che porterà l’Europa a dipendere completamente dalle importazioni di prodotti senza garanzia di qualità tracciabilità e sicurezza alimentare, nonché del lavoro di chi opera in questo settore».
Un settore che è in difficoltà e da tempo chiede aiuti per non “morire”: «Sono aumentati i costi di produzione e sono diminuiti i ricavi – ha spiegato l’europarlamentare Nicola Procaccini – . La pesca rappresenta l‘identità nazionale dell’Italia, i pescatori sono ciò che siamo. Le proposte della Commissione Europea non si accaniscono ulteriormente sui pescatori con delle norme e dei divieti fuori dalla realtà, che partono da un principio meritevole, che è quello di tutelare l’ambiente e la biodiversità, ma che finiscono poi per fare l’esatto contrario: devastare la vita di migliaia di uomini e donne del comparto ed aprire la possibilità che dalla Cina ed altre nazioni si possa esportare in Italia altro pesce e ci troveremo a comprare pesce che arriva da mari lontani con garanzie zero».
Forte la presenza del mondo di rappresentanza dei lavoratori, delle imprese e delle coper ative (Agci Agrital, Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare, Coldiretti Impresapesca, Federpesca, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila Pesca), che hanno sposato la manifestazione e contribuito alla sua realizzazione: «Il Piano d’azione europeo è figlio di un ambientalismo ideologico – ha dichiarato Enrica Mammucari, segretaria regionale di Uila pesca- che non basa su dati scientifici gli interventi che si presuppone fare. L’operazione smantellerebbe quasi 3mila imprese e la sopravvivenza al lavoro di 7mila lavoratori. La pesca a strascico non è la causa di tutti i mali. I pescatori amano il mare, ci sono tante altre attività antropiche che insistono e impattano sul nostro ambiente in maniera molto più gravosa. Sono 20 anni di politiche che dovevano realizzare la sostenibilità ambientale, ma hanno di fatto smantellato un intero comparto. Siamo qui per dire no a questa vessazione costante e continua. Ma siamo qui anche per dire sì all’iniziativa del Governo italiano che con grande forza sta rimettendo al centro un settore che garantisce approvvigionamento di cibo di qualità salutare, equo-sostenibile sui nostri mercati e che non può essere trattato come la Cenerentola di tutto il Made in Italy agroalimentare».
«La pesca è un settore che garantisce la sovranità alimentare – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – siamo accanto alle cooperative e alle imprese per salvare il loro futuro lavorativo e tutelare la sostenibilità dei prodotti salutari, freschi e locali che portano sulle nostre tavole nel rispetto degli standard di qualità, regole di tracciabilità e certificazioni europee.
Un piano d’azione di questo genere avrà delle ricadute anche sulla salute dei cittadini, perché favorisce i prodotti ittici provenienti dall’estero, a scapito di quelli Made in Italy, che sono sottoposti ad una serie di controlli e offrono dunque maggiori garanzie. Dobbiamo invece lavorare per tutela le biodiversità di cui il Lazio è ricco. Non possiamo permetterci di mettere a rischio i nostri tesori agroalimentari».
Tra questi le anguille del Lago di Bolsena, la “Calamita” del Lago di Fondi o il “Coregone “dei laghi di Bolsena e di Bracciano, in quest’ultimo è presente anche il lattarino.
E poi ancora le telline del litorale romano da Passoscuro ad Anzio e la trota reatina della specie Iridea e Fario, sia a carne bianca che salmonata, presente soprattutto nei laghi del Salto e Turano, dove acquisisce questa caratteristica alimentandosi di gamberetti di fiume.
Tra il patrimonio agroalimentare del Lazio anche le alici marinate pescate nel mar Tirreno sulla costa laziale da San Felice a Minturno e naturalmente le alici sotto sale del Golfo di Gaeta.