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ALLUMIERE - L'ex assessore di Allumiere, commissario della Comunità Montana è amministratore di un gruppo Fb molto molto seguito dove pubblica foto, personaggi, iniziative, storia e tradizioni di Allumiere. Proprio Volpi ci tiene a ricordare che l'8 dicembre ad Allimiere si teneva la "Festa della Carne".
"Dicembre, che dei riti agrari non conserva nulla, diventa allora il mese delle feste dell’Immacolata, il mese delle novene e il mese del Natale - scrive Gabriele Volpi - dopo le nebbie novembrine comincia il primo freddo, nei primi quindici giorni, dopo il primo quarto di luna, ammazzato il maiale, come un rito, ed era festa grande perché il maiale delle nostre campagne, allevato contro la fame e la carestia, era l’animale più utile all’economia agraria.
Nel giorno fissato, l' 8 dicembre, meglio se faceva freddo con vento secco di tramontana, le donne, si alzavano alle quattro del mattino e riempivano la pentolone, di acqua messa a bollire sopra un fuoco. Verso le sette quando l’acqua già bolliva arrivava il norcino, per la macellazione. Fatto uscire dalla stalla, attirandolo con una manciata di grano, quattro o cinque uomini robusti sistemando un laccio di corda a una zampa e afferrandolo per la coda atterravano il maiale.
L’uccisione del porco era avvolta da una atmosfera di sacralità, ereditata probabilmente da radici molto profonde della nostra storia. Il norcino o il proprietario del maiale con attenzione, per non rovinare il lardo e la carne, cominciava a versare l’acqua bollente sulla cotica e dava il via al raschiamento delle setole quando queste cominciavano a staccarsi. Venivano anche usati fogli di carta straccia o piccoli fasci di paglia, oggi sostituiti dal cannello a gas, per bruciare i peli residui della cotenna mentre contemporaneamente si procedeva alla eliminazione delle unghie. Il maiale subito dopo era trasportato di peso in casa, con le zampe all’aria, veniva issato e sospeso attraverso una rudimentale carrucola ad una trave resistente per poterlo meglio squartare e il corpo veniva aperto in due parti per poterlo raffreddare una notte intera.
Il giorno dopo veniva ridotto sistematicamente in tante parti: il lardo che era molto importante, più era spesso e meglio era, i prosciutti, le spalle e la ventresca.
Ricordo che tutti noi bambini aspettavamo il pallone per giocare, era la vescica del maiale che si gonfiava con la cannuccia. La sera a cena si mangiava la padellata o padellaccia, poi si faceva bisboccia bevendo fino a tardi. La mattina dopo, molto presto, veniva macinata la carne del porco per fare le salsicce, le mazzafediche e poi si mettevano a bollire le orecchie e la testa per fare la coppa.
Un piatto gradito della macellazione, era il fegato di maiale, tagliato a fettine e avvolto nella “ratta”, ossia nella membrana che ricopre le viscere dell’animale che, cotto in padella con pochissimo olio, forma un soffritto appropriato. Qualcuno vi aggiunge in giusta misura, della cipolla e una foglia di alloro, mentre sale e pepe devono essere usati a fine cottura per evitare che il fegato diventi duro.
Era un piatto ancora in uso nel dopoguerra e che oggi sembra scomparso perché al fegato di maiale viene preferito quello di vitello, più leggero. Ricordatevi una cosa, del porco non si buttava "gnente"