Duecentosettantasette anni. Quasi tre secoli. Soltanto nell'Anno Domini 2292 le lavoratrici del settore privato della Tuscia azzereranno il Gender pay gap. Il calcolo emerge dallo studio che la Uil del Lazio e l’Eures hanno realizzato per monitorare le condizioni del lavoro tra le donne nella provincia viterbese. Quella che a prima vista può apparire una provocazione in realtà è la lucida elaborazione dei numeri di fonte Inps. Lo studio Uil Eures analizza il quinquennio 2019-2023. E nel 2023 il divario retributivo tra le lavoratrici e i lavoratori dipendenti del settore privato è stato di 7.157 euro (13.948 euro contro 21.106 degli uomini), con una riduzione di appena 133 euro rispetto al 2019. È la proiezione di questo modesto recupero a dare il tempo necessario a erodere il rimanente scarto.
Lo scenario potrebbe cambiare, i tempi potrebbero diminuire rapidamente, ma a patto che vengano in soccorso scelte politiche coraggiose. Da dove iniziare? Il dossier lo indica chiaramente. Tutto sta nella qualità del lavoro, nella sua centralità. Nella Tuscia il 35,9% delle donne ha un contratto di lavoro atipico (ovvero non a tempo indeterminato o di apprendistato), a fronte del 25,2% registrato tra i colleghi uomini. Tale incidenza è superiore alla media regionale (30,1%). Va aggiunto che le lavoratrici con un contratto precario sono in crescita rispetto al 2019, quando le dipendenti precarie rappresentavano il 31,3% del settore privato. Ma non solo. La provincia registra una situazione allarmante per quanto riguarda l’incidenza dei contratti part time al femminile del settore privato, che nel 2023 sono applicati al 63,3% del totale delle lavoratrici, la percentuale più alta tra le province del Lazio, superando di gran lunga la media regionale (47,9%).


«Queste lavoratrici - aggiunge Giancarlo Turchetti, segretario generale della Uil di Viterbo - percepiscono una retribuzione media pari a 10.315 euro (a fronte dei 20.140 euro delle loro colleghe con contratti a tempo pieno), ovvero un livello salariale che non consente loro in alcun modo di raggiungere la piena indipendenza economica, un diritto che il lavoro dovrebbe garantire».
Il dossier si sofferma poi sulle posizioni apicali: nel 2023 il 28,7% dei dirigenti delle imprese private della provincia di Viterbo è donna, con una significativa crescita rispetto al 2019 (quando la loro incidenza era del 19,8%). In valori assoluti il loro numero è passato da 17 a 25 unità, mentre quello degli uomini è sceso da 69 a 62. Resta comunque particolarmente ampio il gap retributivo di genere, attestandosi nel 2023 a 46,5 mila euro (78,1 mila euro contro 124,6 mila), pur in forte recupero rispetto ai 61,7 mila euro del 2019, quando il valore delle retribuzioni dei dirigenti uomini era quasi doppio rispetto a quelle delle donne (52,9% rispetto al 62,7% dell’ultimo anno). «E il divario più ampio tra le province del Lazio - spiega Turchetti - a Frosinone è infatti pari a 41,2 mila euro, a Roma è di 39 mila euro, a Rieti di 12,9 mila euro, mentre a Latina si riscontra una sostanziale parità retributiva».
Passando infine a al settore pubblico, la ricerca Uil Eures rileva che il gender pay gap tra i dipendenti ammonta a 13.247 euro. In termini assoluti, infatti, una dipendente percepisce una retribuzione lorda media annua pari a 30.713 euro, contro i 43.959 degli uomini. Divario in crescita rispetto al 2019, quando il Gender Pay Gap tra i dipendenti pubblici era pari a 12.096 euro. Anche nel settore pubblico, le donne soffrono di una maggiore precarietà contrattuale rispetto ai colleghi uomini: infatti, il 23,1% delle dipendenti ha un contratto a tempo determinato, contro l'8,5% degli uomini. Infine, per quanto riguarda il lavoro a tempo parziale, nonostante un'incidenza molto inferiore a quella del settore privato, la disparità resta evidente: soltanto il 3,1% dei lavoratori maschi ha infatti un contratto part time contro il 6,0% delle lavoratrici.
«Nel mondo del lavoro poco cambia per le donne – conclude il segretario – il tempo passa ma la cultura maschilista resiste. Se non si interverrà con decisone alle le future generazioni non resterà che contare i secoli necessari per azzerare il gender gap».