TARQUINIA - Il progetto Astici mette in atto risposte concrete al problema dell’impoverimento della biodiversità marina, offrendo al contempo un modello generalizzabile di gestione sostenibile delle risorse. Infatti, se la biodiversità e gli ecosistemi non sono “in salute” oggi, non lo saremo neanche noi domani, e non potremo mantenere la società prospera ed equa.
Professoressa Roberta Cimmaruta (Dipartimento di Scienze ecologiche e biologiche - Deb) da dove nasce il progetto Astici?
«Questo progetto è nato quasi vent’anni fa dalla constatazione che le popolazioni di molte specie marine sono in forte declino a causa degli impatti di attività antropiche quali pesca eccessiva, spesso illegale, distruzione degli habitat costieri, e inquinamento. L’Astice europeo è uno di questi casi: nel Mediterraneo le popolazioni mostrano segni di sovrasfruttamento in diverse aree.
Il nostro Ateneo, attraverso il Centro Ittiogenico Marino Sperimentale (Cismar) delle Saline di Tarquinia, sta cercando di dare una risposta a questo problema incrementando le popolazioni di questa specie mediante azioni di ripopolamento che impiegano giovani astici prodotti negli impianti di acquacoltura sperimentale».
Qual è il ruolo del Cismar dell’Università della Tuscia in questo progetto?
«Il Cismar, cuore operativo del progetto e centro di eccellenza internazionale per la ricerca scientifica del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell’Università della Tuscia, si occupa dello studio e della conservazione della biodiversità marina. Qui si svolgono tutte le attività di ricerca e produzione, dalle tecniche di allevamento degli astici ai monitoraggi genetici. La struttura è dotata di incubatoi sperimentali, laboratori di ecologia molecolare, imbarcazioni e attrezzature per il monitoraggio marino, essenziali per il successo delle attività. L’allevamento inizia con femmine ovigere prelevate dalle stesse aree dove i giovani astici saranno liberati, a circa due mesi di età. Durante questo periodo, gli astici vengono allenati all’ambiente naturale tramite substrato e tane nelle loro celle di allevamento, preparandoli a esplorare l’ambiente marino e a trovare rifugio dai predatori».
Quali sono le difficoltà nel mettere in piedi un progetto del genere?
«Nel caso dell’Astice europeo, un ostacolo iniziale importante è stato l’assenza di tecniche consolidate per l’allevamento, che ci ha imposto di sviluppare da zero procedure e metodologie specifiche.
Sappiamo dalle esperienze del nord Europa che i ripopolamenti di astici danno risultati tangibili dopo una decina di anni di azioni continuative. In Italia purtroppo è difficile trovare fondi con una prospettiva di così lungo periodo. Però dal 2019 ad oggi i rilasci sono stati effettuati regolarmente ogni anno, grazie ad una maggiore continuità di finanziamenti ottenuti dai ricercatori del Cismar, che sono riusciti a vincere bandi per l’accesso a fondi sia nazionali che europei e hanno deciso di utilizzare parte di questi fondi per contribuire alla salvaguardia della biodiversità marina».
Il progetto Astici richiama così tanta attenzione?
«Decisamente sì. Il progetto, nato per scopi di conservazione e sostenibilità, ha presto mostrato il potenziale per diventare uno strumento di comunicazione e coinvolgimento della cittadinanza. La comunità dei pescatori è stata coinvolta fin dall’inizio per raccogliere le femmine con le uova per l’allevamento, costruendo un rapporto di forte cooperazione. Anche i cittadini dei comuni costieri del Lazio settentrionale sono stati coinvolti tramite incontri, conferenze, azioni nelle scuole, e collaborazioni con associazioni di subacquei e diportisti. Gli astici del Cismar sono ormai ben conosciuti da una parte significativa della cittadinanza».
Questo progetto avrà una conclusione?
«Per ora no. Dopo aver rilasciato quasi 15.000 giovani astici negli ultimi 5 anni, il progetto sta entrando in una nuova fase in cui, oltre a mantenere l’obiettivo dei dieci anni di rilasci, si valuta l’efficacia scientifica e comunicativa grazie a un finanziamento del nostro Ateneo.
Scientificamente, il campionamento con i pescatori permetterà di capire quanto gli astici rilasciati contribuiscano al pescato, alle popolazioni naturali e alla piccola pesca.
Sul fronte della comunicazione, le interviste ai pescatori di Civitavecchia e Montalto di Castro hanno confermato che conoscono il progetto, ne apprezzano le finalità e hanno notato un aumento della specie nelle aree costiere settentrionali, dove avvengono i rilasci».