«Siamo i carabinieri del Noe»: il gruppo specializzato del nucleo operativo ecologico, intorno alle 7 di martedì, si è affacciato a Badia al Pino, sulla soglia della Chimet, la prima azienda in Europa per la lavorazione dei metalli preziosi. A ordinare la perquisizione, il sostituto procuratore della Dda fiorentina Giulio Monferini. Il fascicolo è una costola dell’inchiesta Keu, quella che già aveva coinvolto l’azienda per il conferimento degli scarti all’impianto di Bucine della famiglia dei Lerose e che le era costata l’accusa di concorso nello smaltimento illecito dei rifiuti insieme alla Tca.

Anche stavolta al centro dell'inchiesta, che ha portato quattro vertici di Chimet sotto indagine, c'è la gestione di rifiuti, in particolare la classificazione di scarti di lavorazione conferiti in un periodo temporale che abbraccia nove anni: dal 2012 al 2021. E l’impianto utilizzato per lo smaltimento è proprio quello collocato in provincia di Viterbo.

Secondo l'accusa, sostenuta dal pm Monferini, quei materiali sarebbero pericolosi e per questo da smaltire secondo adeguate procedure.

Stando a quanto si apprende, i militari non si sarebbero limitati ad una serie di verifiche serrate in fabbrica, ma si sarebbero concentrati anche sui computer presenti negli uffici. Da almeno 15 anni il gigante dell'oro, protagonista pure di una costante espansione che l'ha portata appunto a diventare primo in Toscana per fatturato, vive assediato dalle inchieste giudiziarie. La prima fu avviata dalla procura di Arezzo e dall'allora Pm Roberto Rossi con un blitz del febbraio 2008 a Badia al Pino in cui fu adoperato persino un elicottero. All'allora amministratore delegato e comproprietario Sergio Squarcialupi fu contestato il disastro ambientale, anche se poi il processo si è concluso con un'assoluzione quasi totale. Ora l'indagine Keu con i suoi filoni collateraliLa Chimet, gigante dell’oro, da parte sua appare tranquilla tanto da assicurare, in una nota, la correttezza delle procedure seguite. «Si è trattato - spiega il comunicato Chimet - dell’ennesima verifica riguardante il codice attribuito al rifiuto risultante all’esito del processo di recupero dei metalli preziosi. Nello specifico, il controllo si è incentrato sul conferimento di tale rifiuto, ai fini del suo recupero, a un impianto del Viterbese che si è protratto, sotto il costante controllo di Arpa Toscana e Lazio, Regione Toscana e Regione Lazio, dal 2012 al 2021. L’azienda è fermamente convinta di aver sempre attribuito un corretto codice al rifiuto, in ciò confortata dai sistematici e approfonditi controlli cui è sempre stata sottoposta».

©RIPRODUZIONE RISERVATA