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CIVITAVECCHIA – «Gli accessi al San Paolo di donne vittime di violenza sono frequenti, sia per motivi clinici che per fuggire dai contesti abusanti in cui si trovano, cercando nell’ospedale un luogo di protezione immediata e di tutela».
A dirlo è Sonia Guida, assistente sociale specialista presso il nosocomio cittadino che, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, parla dell’importante lavoro che la Asl Roma 4 ha messo e sta mettendo in campo per rispondere tempestivamente ai bisogni delle donne vittime di violenza. Uno scenario complesso perché, come detto, gli accessi sono frequenti, spesso per sfuggire a contesti violenti o per motivi clinici legati a questi abusi. L’ospedale rappresenta un rifugio immediato, ma non sempre le risorse disponibili sono sufficienti.
Nonostante l’attivazione del Codice Rosa, che tutela le vittime di violenza, molte donne, concluse le verifiche mediche, vengono dimesse per mancanza di soluzioni alternative adeguate o per loro scelta. Molte, infatti, non accettano un percorso di supporto o non ci sono posti disponibili nelle case rifugio.
Un esempio emblematico riguarda un caso trattato la scorsa settimana: una donna senza fissa dimora «è stata seguita - spiega Guida - grazie alla collaborazione di ben otto servizi, ma non è stato possibile garantirle un’accoglienza immediata in strutture protette».
I dati raccolti dagli operatori della Asl Roma 4 in questi anni mostrano che la problematica colpisce in modo trasversale, anche se le donne in condizioni di maggiore vulnerabilità – legate da dipendenze economiche, problemi psichiatrici o sociali – risultano più esposte. «Molto spesso i segnali di abuso non sono evidenti, serve maggiore attenzione e sensibilità da parte di tutti, soprattutto delle nuove generazioni», sottolinea Guida.
Il fenomeno appare in aumento, ma non tutti i casi vengono segnalati alla rete socio-sanitaria. Questo lascia molte donne intrappolate in situazioni di violenza. Secondo gli operatori, servono risposte strutturate: dall’aumento dei posti nelle case rifugio a progetti di reinserimento più efficaci. «Aiutare queste donne - conclude Guida - richiede competenza e creatività, ma anche risorse concrete».
Proprio quest’anno si è arrivati, intanto, alla stesura definitiva del protocollo sul “Percorso di accoglienza per la violenza di genere” che fornisce indicazioni operative e procedure condivise per facilitare la comunicazione e la collaborazione tra i diversi attori coinvolti, ossia il sistema sanitario e sociale, i Centri Anti Violenza (CAV) e gli sportelli antiviolenza.
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