Il vento delle riforme nello sport ha avuto inizio col decreto Melandri nel 1999 e da allora non si è più fermato. Se lo Stato è stato silente per qualche anno, l’emanazione della legge n. 280 del 2003 ha permesso, una volta per tutte, di mettere “nero su bianco” le richieste avanzate per anni dal mondo dello sport e, inoltre, di risolvere alcune controversie di riparti di giurisdizioni. Il rapporto tra ordinamento sportivo e ordinamento statale ha permesso di stabilire l’autonomia, ma non l'indipendenza, dello sport dallo Stato, scrivendo le norme per mettere ordine all'interno di un mondo in completa evoluzione. Alla legge n. 280/2003 ha fatto seguito poco più di 10 anni dopo la riforma della giustizia sportiva da parte del Coni. Tale riforma ha visto protagonista il Presidente del Coni Malagò, il quale aveva già presentato un disegno di riforma nel suo programma da candidato alla presidenza Coni nel 2013, contro l’allora Segretario Generale dell’ente pubblico Raffaele Pagnozzi. Il dirigente sportivo romano ha fortemente voluto la riforma degli organi giudicanti endofederali ed esofederali al fine di snellire l’iter giudiziario, provando a coniugare velocità e garantismo. Sicuramente la giustizia sportiva presentava una generale lentezza della macchina burocratica e nell’immaginario collettivo era vista come una sorta di “scontificio”. Nell’emanazione, da parte del Coni, del nuovo codice di giustizia sportiva sono stati modificati i vari livelli di giudizio ed introdotti strumenti per una giustizia più equa e paritaria. Tutte le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate, dal 2014, debbono obbligatoriamente avere due gradi di giudizio endofederali. Da una parte sotto il punto di vista tecnico-sportivo si presenta il Giudice Sportivo Nazionale e, in secondo grado, la Corte Sportiva d’Appello. Dei restanti settori giuridici sportivi si trova il Tribunale Federale e, in secondo grado, la Corte Federale d'appello. A tali soggetti viene istituito, come terzo livello di giudizio, un organo esofederale: il Collegio di Garanzia dello Sport. Quest’organo rappresenta una sorta di Corte di Cassazione dello sport poiché la sua funzione è quella di giudicare non nel merito ma sotto il punto di vista esclusivo della legittimità. Formato da quattro sezioni giudicanti quali una tecnico-sportiva, una disciplinare, una patrimoniale, una amministrativa e una quinta sezione consultiva, rappresenta l'ultimo grado di giudizio della giustizia sportiva e prende il posto sia del Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport (TNAS) sia dell'Alta Corte di Giustizia (ACG).Al fianco di tali organi giudicanti è stata istituita la Procura Generale dello sport, presso il Coni, formata da un massimo di 30 procuratori nazionali con a capo un Procuratore Generale dello sport. Sicuramente tale riforma è stato un viatico per allinearsi all’autonomia consegnata dalle mani del legislatore con la legge del 2003. Il mondo dello sport ha dovuto, quindi, aspettare qualche anno prima di essere completamente autonomo dai decreti dei giudici statali, dopo un decennio di riforme partendo dal decreto legislativo n. 242 del 1999, passando per la legge n. 280 del 2003 e il riordino del Coni da parte del decreto legislativo n. 15 del 2004. Essendo lo sport un settore in completa evoluzione, nel 2018 si è palesata l'idea, da parte della politica, di una riforma di carattere generale dello sport che si vedrà essere parzialmente emanata con la Riforma dello Sport e poi, ironia della politica, rimandata ad entrare in vigore nel gennaio 2024 con sostanziali modifiche all'universo sportivo.
A cura di Damiano Lestingi
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