L’assegnazione della XXVII Olimpiade si svolse nel Principato di Monaco nel 1993 e vede assegnataria la città più conosciuta dell’Australia. Nel 1998, due anni prima di Sydney 2000 e nell’anno delle Olimpiadi Invernali di Nagano, venne alla luce uno scandalo sulla corruzione che investì il CIO. Una rete televisiva americana, la KTVX dello Utah, rivelò come la figlia di un membro camerunense del CIO avesse ricevuto una borsa di studio universitaria pagata dal comitato organizzatore di Salt Lake City, che aveva vinto nel 1996 la gara per l’assegnazione delle XIX Olimpiadi invernali previsti per il 2002. Dopo una scrupolosa indagine del CIO, del Congresso americano, dell’USOC e di molte testate giornalistiche, si venne a sapere che molti membri del CIO avevano ricevuto una sorta di tangente per indirizzare il loro voto. Circa due terzi dei membri che si dimisero o che vennero espulsi erano di origine africana e questo portò ad alcune accuse di razzismo verso i dirigenti del CIO. Fu il più grande scandalo che colpì il CIO dalla sua istituzione e mise seriamente a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. Quando il 15 settembre del 2000 incominciarono le Olimpiadi di Sydney, definite “Green Games”, per via del progetto presentato in fase di candidatura, le polemiche cominciarono a calmarsi per dare finalmente spazio alle competizioni sportive. Sicuramente fu un’edizione delle Olimpiadi molto meno green del previsto, tant’è che furono ridefinite ironicamente “Light Green Games”.Bisogna ammettere, però, che il Comitato Olimpico Australiano organizzò una manifestazione con una logistica perfetta, delle strutture futuristiche, tecnologiche e con un apparato comunicativo di radio, tv e internet all’avanguardia.Il governo australiano, prima delle Olimpiadi, dovette confrontarsi con un problema che esisteva (ed esiste tutt’oggi): la questione aborigena.Da una parte il comitato organizzatore australiano aveva fatto passare l’immagine dell’Australia come un paese evoluto, con uno sviluppo sostenibile e dove l’immagine dell’aborigeno non totalmente civilizzato fosse più vicino a Madre Natura che al sistema sociale ma privo, però, di conflitti con l’uomo della città. Proprio il motto olimpico “Share the Spirit” (Condividi lo spirito) aiutò questo progetto di visione naturalista di Sydney 2000 e fu uno dei fattori che fece vincere la gara per l’assegnazione contro una Pechino invasa dall’inquinamento e dal problema dei diritti umani. Ovviamente ci furono proteste proprio da parte delle popolazioni aborigene che non ritenevano veritiera la descrizione del governo, ma essi mancarono la possibilità di sfruttare appieno il palcoscenico internazionale offerto dai Giochi e fu facile per il governo australiano mettere tutto a tacere con l’aiuto indiretto di Cathy Freeman.La fortissima atleta australiana, di origine aborigena, fu scelta come ultimo tedoforo alla cerimonia di apertura. Fu una scelta azzeccata del comitato organizzatore per far vedere al mondo la relazione aborigeni e non-aborigeni in Australia. Un altro fattore che diede uno slancio al CIO per buttarsi alle spalle la questione degli scandali fu l’adesione di quattro atleti di Timor Est ai Giochi come atleti indipendenti e soprattutto la sfilata della squadra unificata delle due Coree sotto un’unica bandiera. In verità il merito fu del primo ministro della Corea del Sud Kim Dae-jung e della sua famosa “Sunshine Policy” ovvero della politica di apertura verso il regime di Pyongyang, che condusse addirittura ad uno storico incontro tra i due leader coreani nel 2000.
A cura di Damiano Lestingi
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Sidney 2000, dallo scandalo alla questione aborigena
14 luglio, 2022 • 18:04