CIVITAVECCHIA – La gestione del phase-out del carbone in Italia procede a due velocità. Da un lato, a Brindisi si avvia un processo strutturato per la riconversione dell’area industriale, con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy che lancia una manifestazione di interesse per gli imprenditori, delineando un percorso chiaro verso nuovi investimenti e sviluppo. Per la reindustrializzazione dell’area della centrale Enel di Cerano, le imprese potranno presentare progetti concreti entro marzo 2025. L’obiettivo è chiaro: trasformare l’ex impianto in un nuovo polo industriale strategico, con investimenti mirati e un accordo di programma a garanzia dello sviluppo economico e occupazionale. 
Dall’altro, a Civitavecchia regna l’incertezza più assoluta, con Enel che taglia fondi e posti di lavoro. Qui il percorso appare decisamente più tortuoso. Qualcosa si è mosso, in termini di incontri, tavoli e indicazioni, ma l’impatto è ancora troppo debole rispetto alle aspettative.

Nel frattempo, il territorio continua a pagare il prezzo dell’incertezza, con Enel che annuncia il taglio drastico dei budget per la manutenzione della centrale di Torrevaldaliga Nord, aprendo così la strada a nuovi esuberi. Fiom e Uilm hanno denunciato questa situazione parlando di una “beffa di inizio anno” e dichiarando lo stato di agitazione. I due sindacati spiegano infatti che, dopo mesi di attesa, non è ancora stato condiviso un piano di dismissione, mentre le aziende locali si trovano costrette a richiedere ammortizzatori sociali e a ipotizzare licenziamenti. «Persino i corsi di formazione per il fotovoltaico, pensati per dare nuove competenze ai lavoratori, si sono rivelati una promessa disattesa – hanno sottolineato – chi vi ha partecipato oggi resta in attesa di opportunità che ancora non si vedono».
A quanto pare, il problema a Civitavecchia resta quello del mancato svincolo da parte del Ministero dell’Ambiente dei 33 ettari di terreno di proprietà Enel. Un’area fondamentale per la riconversione, ma che oggi resta vincolata, non permettendo di fatto al Mimit di seguire la stessa strada avviata per Brindisi. È evidente che, senza un’accelerazione sui tavoli istituzionali e un impegno più deciso da parte di Enel e delle istituzioni nazionali, il rischio è quello di ritrovarsi con un territorio impoverito e senza prospettive reali di rilancio. Se a Brindisi la transizione si traduce in una programmazione strutturata e in investimenti concreti, a Civitavecchia la strada sembra ancora piena di ostacoli.