CIVITAVECCHIA – In guerra, le convenzioni internazionali sottoscritte da tutte le Nazioni salvaguardano sulla carta gli ospedali, i luoghi di cura e le ambulanze da qualsiasi atto ostile, soprattutto dai bombardamenti aerei. Le attuali ostilità in Ucraina e a Gaza invece confermano che non c’è nessun rispetto per la vita umana anche se ferita e in attesa di cure. Le quotidiane immagini TV ce lo portano in casa.

Ottantatre anni fa, in Africa orientale, un giorno del settembre 1941, l’inglese RAF bombardò l’ospedale italiano di Gondar mentre il capitano medico Enrico Arrigo di Civitavecchia “pur sotto il fuoco nemico era intento ad eseguire un atto chirurgico su di un ufficiale ferito”. Entrambi rimasero uccisi.

Nato il 21 febbraio 1886, Arrigo giovane medico aveva già prestato servizio durante la Grande guerra, poi fu destinato nel locale penitenziario (nelle memorie dei detenuti politici lì reclusi i ricordi su di lui sono ambivalenti: chi lo definisce aguzzino, chi umano), nel 1939 chiese di essere inviato nell’Impero dove ricoprì il ruolo di medico primario nell’ospedale dove poi trovò la morte.

Pochi giorni prima della morte, scrisse ad un collega, Giocondo Dominicis, una lettera che i giornali considerarono il suo testamento spirituale. La Stampa la pubblicò il 19 settembre 1941:

“Le notizie dall’A.O. le sai meglio di noi: siamo rimasti soli noi di Gondar assediati; ti assicuro, però, che il morale di tutti noi rimasti è elevatissimo e per quanto non sono pochi i sacrifici e le rinunce, pur tuttavia noi non ci arrenderemo mai; è questo l’ordine dell’eccellenza generale Nasi (anche lui civitavecchiese di nascita NdA), il quale non risparmia fatiche e tutti i giorni ispeziona le linee di difesa, le perfeziona in modo che gli inglesi non passeranno. A viveri stiamo certo male, ma se tu fossi qui non sentiresti un lamento né un rammarico per tanti sacrifici e rinunce. Solo abbiamo dato la nostra salda parola di non arrenderci e sta sicuro che non ci arrenderemo. Ho avuto una decorazione. Il comandante dello scacchiere ovest generale Nasi, mi ha concesso sul campo la croce di guerra al valore militare. Mi è stata pure concessa l’onorificenza di cavaliere ufficiale della stella coloniale e la nomina a maggiore medico è imminente. Fa sapere a tutti i nostri amici che sempre tengo alto il nome di Civitavecchia. Non so se potrò rivedere la nostra cara città natale perché la nostra situazione è tale da mettere in bilancio anche la possibilità di non poter più ritornare. In ogni modo ti assicuro che se anche dovessi dare tutta la mia vita alla Patri sono felicissimo di offrirla. Mi hai conosciuto sempre costante nei miei doveri, la mia vita non mi offre di meglio di dedicarmi al servizio senza limiti di sacrificio e morire per il bene altrui … Enrico”.

Alla notizia della sua morte si pensò di dedicargli il nuovo ospedale che si progettava di costruire a Civitavecchia già dagli anni Trenta. Così non fu. È ricordato da Ettore Brancato e Raoul Di Gennaro nel loro “Glorie di Civitavecchia”, il bel libro del 1998 dedicato agli eroi civitavecchiesi.