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Da sabato prossimo riparte la protesta degli agricoltori della Tuscia laddove era iniziata: davanti il casello autostradale di Orte. E andrà avanti fino al 9 febbraio per poi valutare un prolungamento del presidio permanente. Lo hanno deciso gli agricoltori, circa 35-40, che si sono incontrati martedì alle 18 presso la stazione di servizio Esso tra Orte e San Liberato per decidere le mosse da prendere. Era nell’aria la voglia degli imprenditori agricoli di riprendere a protestare per tante richieste che, a tuttora, per loro sono state eluse dalla politica.
«La partecipazione all’inizio è sempre scarsa – dice Tonino Monfeli, leader del movimento di protesta degli agricoltori nato proprio un anno fa – ma l’anno scorso, alla partenza, eravamo anche meno che ora. La notizia positiva è che, questa volta, con noi collaborano anche due associazioni di categoria, Cia e Confagricoltura, che lasceranno le loro bandiere e verranno con noi sotto l’unica bandiera italiana. Anche loro si sentono offesi da questi governi e questi regolamenti e sono venuti a combattere insieme a noi». Per Tonino Monfeli la partecipazione delle due associazioni di rappresentanza degli agricoltori, Cia e Confagricoltura, è la vera notizia e un fatto determinante. «E’ un fatto molto importante la collaborazione delle due associazioni con noi – continua Monfeli - Coldiretti, malgrado sia stata invitata più di una volta, non si è mai presentata. Però sarebbe stato un paradosso la loro presenza, perché la responsabilità di molte cose, insieme al governo e alle multinazionali, è loro. Il problema grosso è che 40 mila aziende nel 2024 hanno chiuso e i fatti sono peggiorati rispetto a un anno fa. Non possiamo non protestare anche se noi abbiamo molto lavoro da fare e, tutto ciò, ci costerà carissimo, ma chi comanda ci deve ascoltare». Sulle prospettive della protesta Monfeli è ottimista. «La gente è molto determinata – dice ancora il leader del comitato di protesta – ieri pensavo ci fosse meno partecipazione mentre nel gruppo ho avuto messaggi di appoggio per lo sciopero. Noi andiamo avanti con le idee chiare: ci siamo coordinati in tutta Italia con un unico simbolo e con la richiesta di crisi del settore primario. Questo è comune a tutta Italia. Ci sono anche altri gruppi, ognuno con le proprie idee, però noi siamo usciti con un unico programma e simbolo. E ciò lo considero molto positivo». Le novità del movimento di protesta degli agricoltori del 2025, quindi, per Monfeli sono la sinergia con Cia e Confagricoltura e l’unità del movimento.
«L’anno scorso ognuno diceva la sua – precisa ancora Monfeli – e abbiamo fatto ridere chi era contro di noi. Spero che questa volta sia il preludio di una manifestazione civile pur nella fermezza delle nostre idee: le aziende agricole non possono fallire perché qui si creano nuovi poveri per lasciare spazio alle multinazionali e ai fondi d’investimento che stanno speculando con i pannelli fotovoltaici, l’eolico e fanno credere che ciò serva al popolo quando invece siamo quelli che pagano i costi del kilowatt/ora tra i più alto del mondo».
Quella di Monfeli e del movimento che sabato ricomincia il sit-in di protesta, quindi, è una protesta a 360 gradi e comprende anche i rischi per la diffusione selvaggia degli impianti di energia rinnovabile. «Non è possibile accettare che il suolo che è predisposto per produrre cibo – conclude Monfeli – venga usato per l’energia e produrre biomasse per fare del gas. La terra italiana è vocata per fare il cibo che rappresenta il nostro brand più conosciuto al mondo: non possiamo accettare che un gruppo di nostri nemici abbia deciso di fare cibo sintetico o farina di grilli per sostenere un pianeta con quasi 8 miliardi di persone. C’è bisogno di cibo sano da pagare anche caro ma i consumatori devono mangiare roba buona, italiana e prodotta con quasi assenza di fitofarmaci».