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CERVETERI - Mentre in Francia, Germania, Belgio, Spagna e anche in diversi comuni italiani la voce degli agricoltori si fa sentire per contestare le politiche dell'Unione Europea per il comparto, nel litorale laziale gli imprenditori attendono e guardano fiduciosi al loro sindacato di riferimento. L'unico che potrebbe chiamarli ad unirsi al resto dei colleghi (italiani ed europei) per far sentire la loro voce. Ma ad oggi la "chiamata alle armi" non è arrivata e gli agricoltori aspettano nella speranza che domani non sia già troppo tardi. L'obbligo di mettere il 4% dei terreni a riposo, il bonus "Benessere animali" di cui dal 2026 si perderanno le tracce, proprio come dal 2030 si perderanno quelle del bonus Gasolio, il Green Deal europeo al centro delle contestazioni che via via si stanno espandendo a macchia di leopardo. «Sono deluso dal silenzio dei sindacati», ha commentato Antonio Orlandi, presidente della cooperativa Sasso. «Se da loro arrivasse un input per scendere in piazza, partiremmo all'istante, proprio come accaduto otto anni fa quando con le nostre proteste riuscimmo a farci sentire». Per Orlandi anche oggi, con le politiche europee sempre più stringenti, l'aumento dei costi, i margini di guadagno sempre più ridotti, è il momento di far sentire la propria voce. Tra le imposizioni contestate c'è proprio l'obbligo della messa a riposo del 4% dei terreni. «Dicono che è per il surriscaldamento, ma se non si coltiva un terreno, diventa arido e quindi la temperatura aumenta. Se io agricoltore coltivo delle piante queste rilasceranno ossigeno. Dovrò irrigare il terreno con l'acqua utilizzata che andrà ad abbassarne le temperature». Insomma: coltivare i terreni per salvaguardare l'ecosistema a 360 gradi. Perché in un terreno arido e non coltivato anche le specie animale che solitamente lo "frequentano" andrebbero a scomparire, andando a compromettere il ciclo della natura. E poi, non meno importanti, ovviamente, ci sono i costi. «Una situazione drammatica - ha detto Roberto Seri, agricoltore - È la stessa situazione del conferimento del latte, dove i costi per produrlo aumentano vertiginosamente. Nella distribuzione il prodotto è alto ma a noi lo pagano sempre meno. Vale per il latte, vale per i prodotti agricoli. Non c'è più convenienza». Insomma i guadagni sono sempre meno, se non inesistenti: «Con le spese, al limite, ci vai in parità». Poi la frecciatina verso i sindacati: «Dalle associazioni mi sarei aspettato di più - ha aggiunto - e mi aspetto di più. Il comparto agricolo deve essere tutelato maggiormente. In questi anni ha sofferto molto tra clima, rincari e tanto altro ancora».
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