TARQUINIA – Ci sarà anche la Tomba degli Scudi di Tarquinia tra i luoghi aperti al pubblico nelle Giornate del Fai d’autunno previste per sabato 12 e domenica 13 ottobre. La 13esima edizione è stata presentata ieri mattina all’Accademia americana a Roma. Le Giornate del Fondo ambiente italiano rappresentano uno dei più importanti eventi di piazza dedicati al patrimonio culturale e paesaggistico del Paese, organizzato dal Fai. Da nord a sud della penisola 700 luoghi, poco conosciuti e solitamente inaccessibili, apriranno al pubblico in 360 città, ed ad ogni visita si potrà sostenere la missione del Fai con una donazione. 

 La Tomba degli Scudi di Tarquinia si trova nella Necropoli etrusca di Monterozzi, inserita nel 2004 nel Patrimonio Unesco. La posizione precisa è nella porzione di necropoli chiamata “Primi Archi”, fuori dal recinto della Necropoli a cui si accede con biglietto. Si trova nelle vicinanze della città che vanta un bellissimo borgo medievale, importanti chiese romaniche e il palazzo Vitelleschi, sede di uno dei più importanti musei nazionali archeologici che raccoglie i reperti provenienti dalla città e dalla necropoli etrusca.

Scoperta nel 1870, la Tomba degli Scudi è una delle più grandi tombe etrusche di Tarquinia, definite il primo capitolo della pittura italiana e che rappresentano un documento eccezionale per la pittura e la cultura del mondo etrusco, in grado di fornire informazioni sulla vita quotidiana e sul rapporto di questa civiltà con la sfera della morte e dell’ultraterreno.

Durante le giornate Fai di Autunno si potrà  tornare a visitare questo gioiello del IV secolo a.C., normalmente non aperto al pubblico. Da 2016 al 2018 un complesso restauro ha interessato la camera centrale della Tomba degli Scudi, gioiello artistico del IV secolo a. C.  e ha consentito di renderla fruibile dopo decenni di chiusura a causa del suo precario stato di conservazione. L’intervento di restauro -, realizzato grazie ad un contributo assegnato a seguito della settima edizione dei Luoghi del Cuore, il censimento dei luoghi italiani promosso dal Fai in collaborazione con Intesa Sanpaolo, e al cofinanziamento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, a cui si sono aggiunti altri piccoli contributi ricevuti da partner locali -, ha permesso ai dipinti murali e alle rare epigrafi in lingua etrusca, che decorano questo importante sepolcro gentilizio di età ellenistica, di tornare a splendere”.

LA TOMBA DEGLI SCUDI

La tomba degli Scudi, databile al 340 a.C., fu rinvenuta nel 1870 in località “Primi Archi” e chiamata, subito dopo la scoperta, “Tomba Marzi”. Situata poco distante dal Calvario, è una delle più grandi tombe di Tarquinia nonché un tipico esempio di ipogeo gentilizio del primo ellenismo (terzo quarto del IV sec. a.C.). La pianta simula quella di una casa con atrio centrale su cui si aprono tre ambienti, uno sul fondo e due laterali. Solo il vano centrale e la camera di fondo sono decorati. I soffitti sono a doppio spiovente, con travi in rilievo nel vano principiale: qui recenti saggi di pulitura effettuati hanno rivelato una decorazione dipinta che simula le venature del legno. La tomba presenta numerose iscrizioni dipinte, riferibili principalmente alla famiglia Velcha, proprietaria del sepolcro, importante e potente “gens” tarquiniese nota anche dalla tomba dell’Orco. Erano qui sepolti anche illustri personaggi appartenenti ad altre famiglie gentilizie, come quella degli Aprthna e dei Camna. Le scene più significative della camera centrale sono disposte nella parete frontale e in quella destra, dove sono raffigurate rispettivamente due coppie: la prima composta da un uomo semisdraiato su una kline ricoperta da drappi sfarzosi e dalla donna seduta ai suoi piedi, identificabili uno come Larth Velcha, fondatore della tomba, e l’altra come Velia Seithiti, sua sposa; accanto alla coppia stanno Velthur Velcha, padre del fondatore, e la sua sposa Ravnthu Arpthnai. Quest’ultima coppia è raffigurata anche sulla parete sinistra in atteggiamento regale. Sulla parete d’ingresso sono raffigurate scene di corteo che alludono al viaggio verso l’aldilà di Larth Velcha, scortato dai littori, la cui presenza sottolinea la dignità della carica di magistrato ricoperta in vita dal defunto. Il fregio d’armi nella camera di fondo, in cui sono raffigurati gli scudi che danno il nome alla tomba, vuole forse evidenziare il ruolo preponderante svolto in campo militare dai membri dell’aristocratica famiglia. La decorazione della tomba è esemplificativa dei programmi figurativi dei grandi sepolcri gentilizi di età ellenistica ed è tesa a celebrare le virtù ed il rango della famiglia Velcha, immortalando il momento della partenza del defunto verso l’oltretomba e il banchetto funebre cui partecipano idealmente tutti i membri della famiglia. Per le particolari condizioni climatiche e la tecnica di esecuzione, i dipinti si presentano oggi in stato di avanzato degrado. L’intonaco dipinto si presenta distaccato dal supporto naturale e incoerente. Le condizioni di estrema vulnerabilità della superficie dipinta hanno fatto sì che, negli anni passati, visitatori ignari dello stato dei dipinti, semplicemente sfiorando o toccando la superficie con le dita oppure inavvertitamente con borse o zaini, abbiano provocato cadute o rotture della superficie. Sulla superficie dipinta si notano leggeri e diffusi depositi di nerofumo lasciati dalle lampade all’acetilene, utilizzate nel secolo scorso e nel precedente per illuminare la tomba. 

LA CONFERENZA

Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti il presidente Fai Marco Magnifico, la direttrice della rappresentanza a Milano della Commissione europea Claudia Colla, il direttore generale del Fai Davide Usai, il direttore Rai distribuzione Stefano Coletta e la vice direttrice generale Fai per gli affari culturali Daniela Bruno.

“Un’iniziativa, quella del Fai – ha detto Magnifico – che dura da 32 anni e dà vita e senso all’articolo 118 della costituzione, quello che invita stato, regione e comuni a favorire l’autonoma attività dei cittadini per iniziative di interesse generale”.

“Il Fai – ha spiegato Usai – ha assunto ormai una dimensione particolarmente significativa. Abbiamo 320mila iscritti che ci sostengono, 72 beni e 8,6 milioni di metri quadrati di beni paesaggistici tutelati”.

“C’è bisogno – ha invece sottolineato Coletta – che attraverso l’arte venga consegnata una memoria. Questa collaborazione con il Fai rafforza un’aspirazione identitaria rivolta alle persone che hanno bisogno di ripensarsi e riconoscersi attraverso queste meravigliose bellezze”.

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