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VITERBO – La Procura generale della Corte d’appello di Roma ha concluso le indagini sulla morte di Hassan Sharaf, il detenuto egiziano che nel luglio del 2018 si impiccò in una cella del carcere di Viterbo utilizzando una corda artigianale ricavata da un asciugamano.
L’avviso di conclusione delle indagini, firmato dal sostituto pg Tonino Di Bona, è stato notificato a sei persone, quattro delle quali indagate per omicidio colposo in concorso. Tra loro Pierpaolo D’Andria, che all’epoca dei fatti era il direttore del carcere di Mammagialla, insieme al responsabile di medicina protetta Danilo Monarca, al responsabile della sezione d’isolamento Massimo Riccio e alla dottoressa di medicina protetta Elena Niniashvili.
Per loro si ipotizza l’omicidio colposo.
Per il comandante Daniele Bologna e l’agente Luca Floris, l’ipotesi di reato è di omissione in atti d’ufficio.
Il giovane che sarebbe uscito dal carcere di lì a poco, dopo essersi impiccato, fu trasferito all’ospedale di Belcolle dove morì dopo una settimana di agonia nel reparto rianimazione.
A sollevare i dubbi sul decesso e sulla dinamica furono il garante dei detenuti e gli avvocati dei familiari che sin dal primo momento insistettero nel sostenere che il ragazzo non doveva finire in isolamento e non doveva stare in carcere.
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