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di GIULIANA OLZAI
CERVETERI - «Un’udienza molto incisiva e derterminante. I periti hanno dato tutte le spiegazioni circa i tempi e gli orari in merito alla modalità del primo soccorso portato a Marco quella tragica notte. Hanno spiegato tutto nei dettagli e in modo esaustivo. Fa male sentire che Marco si sarebbe potuto salvare anche perché non erano stati toccati gli organi vitali. Un semplice intervento chirurgico avrebbe potuto salvarlo se avessero – riferendosi ai Ciontoli – attivato i soccorsi subito dopo il suo ferimento. In un’ora sarebbe potuto arrivare al pronto soccorso del Policlinico Gemelli, calcolando i tempi di arrivo dell’eliambulanza e dell’ambulanza del 118 che dopo essere arrivata a casa Ciontoli sarebbe poi rientrata al punto di primo intervento (Pit) di Ladispoli. E’ stato anche spiegato che di giorno l’eliambulanza può anche atterrare in prossimità del luogo dove succede il fatto, di notte, invece, solo su delle piste illuminate e in questo caso il Pit presentava le caratteristiche necessarie. Quindi i periti sostengono che le probabilità di sopravvivenza di mio figlio erano elevate. Mi sono sentita toccata nel profondo quando hanno detto che Marco era un ragazzo molto forte e che il fatto che sia sopravvissuto per diverse ore ne fa un caso clinico particolare e unico».
Questo il commento di mamma Marina dopo l’udienza di ieri in Corte d’assise a Roma nella quale sono stati ascoltati i periti che hanno redatto la perizia collegiale. Una giornata che sembra abbia portato un raggio di luce nel cuore di questa mamma che per la prima volta appare più tranquilla. La sua voce è scorrevole, limpida e mai strozzata dall’emozione.
Mamma Marina interviene anche sulla richiesta avanzata dalla difesa degli imputati circa il protocollo che si attiva al Gemelli in casi di ferita da arma da fuoco, richiesta che poi si è rivelata un boomerang clamoroso, in quanto ha risposto uno dei tre periti che lavora al Gemelli da oltre trent’anni, che ha escluso categoricamente che si sarebbe perso altro tempo per stabilire la gravità delle condizioni di Marco, in quanto il protocollo applicato in quel nosocomio prevede che anche nel caso in cui non venga comunicata la gravità della ferita, nel dubbio, si attiva la stessa procedura applicata nel caso di gravità. «Non so più dove vogliono arrivare – dice ironica mamma Marina - Tra poco ci manca solo che chiedano se l’elicottero aveva la benzina. Non sanno più dove attaccarsi». Per quanto riguarda la presentazione della istanza alla Corte per riprodurre il colpo di arma da fuoco sul luogo del delitto, che si è riservata di decidere alla prossima udienza, mamma Marina sottolinea: «Questo lo abbiamo fatto per dimostrare le bugie che loro dicono. Anche se noi non crediamo alla loro versione, ossia che Marco è stato attinto da un colpo di arma da fuoco nel bagno, va detto che in un ambiente piccolo come può essere un bagno non è possibile che nessuno dei presenti quella sera nella villetta, come hanno dichiarato, non abbia sentito il colpo».
Papà Valerio: «Sono soddisfatto perché i periti hanno espresso in modo molto chiaro e inconfutabile quanto sarebbe stato facile salvare Marco. Nonostante i tentativi della difesa di voler provare il contrario, non ci sono riusciti nel modo più assoluto perché i periti sono dei luminari con esperienza ultra trentennale. Il senso di soddisfazione è relativo perché la rabbia dentro aumenta al sentire che mio figlio si sarebbe potuto salvare. Per questo ero un pò nervoso. Tutti hanno compreso quanto era facile e semplice il tipo di intervento necessario per salvalo. Purtroppo non è stato fatto: mio figlio non è stato soccorso tempestivamente. Evidentemente avevano i loro buoni motivi – riferendosi ai Ciontoli - per ostacolarne i soccorsi. Ho sempre la mia idea in merito. Probabilmente le cose sono andate così perché Marco non doveva rivelare qualcosa di importante».