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Servizi spirituali a pagamento on line. C’è anche un sacerdote viterbese coinvolto nel caso denunciato dalla trasmissione di Rete 4 “Fuori dal coro”.
Sotto la lente finisce il sito Prayforme.com, piattaforma internazionale che commercializza assoluzioni, benedizioni e vari servizi spirituali.
Sul sito, sul quale risultano iscritti religiosi da ogni parte del mondo, è possibile trovare in vendita prestazioni con prezzi a partire da 25 fino a 100 dollari.
Nella puntata di mercoledì è andato in onda un servizio dal titolo “Spudorati con la tonaca: i preti che vendono i sacramenti”. Il giornalista, indossando una telecamera nascosta, ha incontrato don Antonio nella basilica di Santa Rosa e si è fatto confessare. 50 dollari il costo del “servizio”. E poi si è rivelato.
«Perché si fa pagare per fare chiacchierate spirituali e confessioni?» ha chiesto a don Antonio.
«Sono offerte libere» ha risposto il sacerdote. Il giornalista ha replicato che «abbiamo pagato una tariffa esatta», perché esiste un vero e proprio listino nel portale. Consultando il sito campeggia in inglese la scritta “Connettiti con sacerdoti e guide spirituali da tutto il mondo in un solo minuto!”. È una vera e propria compravendita di servizi spirituali.
Il servizio di ‘Fuori dal coro’ rende noto che “si possono assumere preti per esorcismi a 700 euro al mese ma anche per chiacchierate dal vivo a 25, 50 o 100 dollari all’ora”. Nel corso dell’intervista don Antonio ha detto che «i soldi vanno una parte alla piattaforma e una parte a me» ma ha aggiunto che «ho sbagliato a usare lo strumento digitale».
Il giornalista ha chiesto anche a un esperto se tutto questo sia legale. Don Maurizio Gronchi della Pontificia Università Urbaniana ha risposto che «la ritenzione è gratuita, non è possibile alcun commercio dei sacramenti. C’è il canone 1380 del codice di diritto canonico che esclude questa possibilità. Richiedere un prezzo per una prestazione spirituale è una cosa che io ritengo molto grave».
Sul caso è intervenuta anche la Diocesi di Viterbo.
«In merito a quanto riportato dalla stampa locale e nazionale, circa la vicenda di illecita amministrazione di sacramenti dietro compenso, avvenuta anche a Viterbo, presso il Santuario di S. Rosa, nel ricordare che la Redenzione che scaturisce dai sacramenti è dono misericordioso e gratuito di Dio e che il commercio degli stessi è tassativamente proibito e punito dalla normativa canonica (ex can. 1380 CIC) - scrive la Diocesi - va precisato che nel caso in questione, il sacerdote non è “parroco della Basilica di S. Rosa” ma cappellano militare a Viterbo, pertanto in diretta dipendenza dell’Ordinariato militare. Inoltre, si fa presente che qualsiasi sacerdote non incardinato in questa Diocesi di Viterbo, per esercitare il proprio ministero, ha bisogno di richiedere e ottenere le dovute autorizzazioni e facoltà dall’Ordinario del luogo.
Nell’affermare che nessuna autorizzazione è stata richiesta e in alcun modo rilasciata - conclude la Diocesi - permane l’amarezza per quanto accaduto, soprattutto in questo periodo giubilare in cui l’esperienza della riconciliazione è il percorso privilegiato di sostegno alla fede e alla speranza di ogni fedele, e certamente non risponde in alcun modo a ciò che la Chiesa chiede nell’esercizio del ministero sacerdotale».