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Tasse tra le più alte del Lazio, servizi pubblici cari e di qualità scadente, tempi di risposta della burocrazia troppo spesso indefiniti.
È la fotografia dai contorni tutt’altro che attraenti che ha scattato di Civitavecchia il rapporto “Aree industriali attrattive: fiscalità locale a misura di imprese e start up” elaborato da Unindustria, Luiss Business School e Fondazione Bruno Visentini.
L’indagine rileva in primo luogo che “c’è un’area industriale dove, come spesso evidenziato anche da chi ha deciso di insediare la propria attività, mancano servizi e un’attenzione adeguata e incidono costi alti che vanno a frenare un eventuale interesse di imprese più o meno grandi”.
A Civitavecchia, ad un costo elevato per investimenti non corrisponde l’erogazione di adeguati servizi. Emerge inoltre che la tassa sui rifiuti di un capannone “small” o “medium” va dai 2.543,10 euro a Pomezia ai 4.880,40 a Fiano Romano, ai 6.000 di Anagni e Colleferro e ai 10.495,80 di Civitavecchia.
Numeri buoni per “allontanare” chiunque e figli in buona parte, trattandosi di gestione del servizio rifiuti, dei costi abnormi di chi il servizio lo gestisce, ossia Csp.
Che, come denunciato anche recentemente dal presidente di Confcommercio Graziano Luciani, sulla tariffa ribalta non solo i costi operativi del servizio, ma anche quelli derivanti dal personale amministrativo dell’azienda, che - è bene ricordarlo, come già fatto anche in tutte le sedi dagli organi di controllo della società e del comune - da soli “cubano” circa 1,7 milioni di euro l’anno. Se tutto questo sia corretto, nei confronti delle famiglie e delle imprese che pagano la Tari, lo dovrà semmai stabilire l’organo preposto, ossia l’Arera, alla quale lo stesso Luciani ha già annunciato di volersi rivolgere, nell’interesse di famiglie, commercianti e pmi locali, nel silenzio e nell’inerzia della politica locale.
Che intanto avrebbe una buona occasione per far sentire la propria voce.
Enel, infatti, da un lato quest’anno inizierà a recuperare un milione di euro l’anno, fino al 2034, dalla città di Civitavecchia, per lo sciagurato accordo siglato nel 2015 dall’allora sindaco grillino Antonio Cozzolino.
Dall’altro, il ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha dichiarato che la gigafactory di moduli fotovoltaici aperta a Catania è già divenuta insufficiente per il fabbisogno italiano e che se ne dovrà aprire almeno un’altra.
Ecco, dunque, quale migliore occasione per riproporre Civitavecchia come sito ideale, con tutte le superfici di Torre Valdaliga Nord, per installarvi un impianto produttivo del genere e gettare le basi della riconversione dell’economia cittadina, con la produzione dei moduli fotovoltaici e l’utilizzo della logistica integrata del sistema portuale locale?
Ci auguriamo che su questi temi la politica interrompa il suo lungo silenzio e inizi a farsi sentire con azioni concrete.
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