di CARLO CANNA



CIVITAVECCHIA - ACQUE DIVINE - Il poeta romano Rutilio Claudio Namaziano in visita a Centumcellae (l’odierna Civitavecchia) e alle Terme Taurine nel 416 d.C. interpreta l’origine del nome dato al complesso termale con una leggenda, quella di un toro che avrebbe raspato la terra, come fanno i tori prima di iniziare una lotta, facendone scaturire una sorgente d’acqua calda sulfurea dalle straordinarie proprietà. Da questo racconto si evince chiaramente il rapporto di causa ed effetto tra l’immagine del toro - probabilmente assimilato a Giove - e la descrizione di un fenomeno naturale, la sorgente d’acqua termale. Secondo il poeta greco del VII secolo a.C., Pisandro, alle calde acque termali si dava l’appellativo di Ercolane poiché si riteneva che simili acque fossero state fatte scaturire da Minerva nei pressi di una spiaggia, per dare ristoro ad Ercole durante il suo viaggio verso Erice e lo stesso Namaziano, citando l’amico e poeta Messalla, che pure aveva composto una poesia sulle Terme Taurine, ci riferisce l’antica credenza secondo la quale le cavità da cui scaturivano queste acque erano paragonabili agli “antri” delle Muse.  Questi esempi mostrano come per gli antichi le misteriose forze della natura richiedevano un’interpretazione divina per essere comprese e tutto questo era ancor più vero per quei fenomeni naturali che potevano colpire di più l’immaginazione, come le sorgenti termali, che da un punto di vista geologico - assieme ai vulcani, i geyser e le fumarole - sono i fenomeni superficiali più rilevanti che manifestano il calore contenuto all’interno della Terra. Gli stessi effetti salutari delle acque termali erano considerati una conferma indiretta del potere divino e non a caso presso le sorgenti ritenute dotate di tali “miracolose” proprietà sono attestati frequentemente culti collegati a divinità tutelari delle Aquae salutiferae. Tra queste vi erano le Nymphae,, la cui presenza è documentata nel sito delle Terme Taurine dal rinvenimento di una testa marmorea di dimensioni pari a circa due terzi rispetto al vero, attualmente conservata nella sala delle epigrafi del Museo Nazionale di Civitavecchia, e una grande ara votiva in marmo, collocata all’interno del complesso archeologico, nell’abside del calidarium, con un’iscrizione dedicata da Alcibiade, liberto dell’imperatore Adriano, a tali divinità. Nel VI secolo d.C. il Pontefice S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi narra l’incontro avvenuto alle Terme Taurine tra un sacerdote di nome Giovanni ed un premuroso bagnino, bisognoso unicamente di preghiere, che dopo essere stato esaudito nella sua umile richiesta, scomparve nel nulla. L’exemplum gregoriano indurrebbe a credere che le terme a causa dell’acqua calda, ritenuta una conseguenza della presenza del fuoco, fossero prossime ad uno di quei loca inferiora o ignis purgatorius dove le anime vaganti dei peccatori venivano punite e purificate con il fuoco purgatorius. Un alone di leggenda sulle acque termali di Civitavecchia dovette rimanere ancora a lungo se consideriamo che Monsignor Vincenzo Annovazzi nel 1853, dissertando sulla natura delle acque “del Toro”, pur fornendo un’interpretazione basata sulle conoscenze scientifiche della sua epoca, non rinuncia ad accostarne una citazione in chiave “geomitologica”: ”…potrebbesi dire (parlando mitologicamente) che Vulcano stesso, ovvero Ercole percuotesse in questo luogo la terra, e vi facesse uscire quella preziosa acqua che i naturalisti sogliono chiamare vulcanica, oppure erculea, poiché in sostanza essa passando per sotterranee grotte vulcaniche va poi sprigionando all’aperto il concepito calore, o perché col natio suo fervore dimostra in realtà di qual’erculea forza e virtù sia stata dotata dalla natura” (1. continua).