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di ENRICO CIANCARINI
Il gestore di una pizzeria di Civitavecchia, Fabio Cacciatori, mi ha contattato per “conoscere la storia della nostra pizza coperta civitavecchiese. Ho una pizzeria e sto cercando di riportare in voga questa bontà ormai quasi dimenticata da tutti. Puoi aiutarmi?” Domanda a cui non è facile rispondere. Una veloce ricerca su internet ha restituito la ricetta pubblicata su vari siti di cucina, e gli articoli apparsi su Civonline per la richiesta da parte della CNA di Viterbo e Civitavecchia avanzata al Comune di riconoscimento del marchio “DOC Denominazione comunale di origine” per le fave da morto, la pizza di Pasqua, i biscottini di Natale e appunto la pizza coperta, i quattro prodotti da forno e da pasticceria che rappresentano il meglio della gastronomia civitavecchiese. Una recente pubblicazione francese, Inventaire gourmand de la Mediterranèe. Voyage au coeur d’un patrimoine gastronomique multiple (Inventario gastronomico del Mediterraneo. Un viaggio nel cuore di un patrimonio gastronomico dalle mille sfaccettature, 2023) di Fabien Vallos, alla pagina 763, consacrata principalmente alla pizza napoletana, riporta altre sette ricette fra cui la pizza coperta civitavecchiese (ricetta nm. 2001): “questa è una torta fatta con l’impasto della pizza. La pizza viene condita con acciughe e un ragù di pomodoro, poi ricoperta da una seconda crosta di pasta. Si spennella con olio prima di infornarla per 15 minuti in forno a 250 °C”. Trovare la pizza coperta nell’inventario gastronomico del Mediterraneo, mi ha prima stupito, poi stimolato e infine riempito d’orgoglio. Tale presenza è un attestato imparziale ed internazionale della sua bontà e della sua capacità di rappresentare la nostra identità culturale e storica nel Mediterraneo, il nostro mare. Ma Fabio reclama le origini e la storia della nostra pizza coperta e in qualche modo dobbiamo rispondere. Consultando il Breviario di Cucina Civitavecchiese dell’amico e grande appassionato di arte culinaria Carlo De Paolis alla voce “pizza coperta” troviamo codificata la sua ricetta che prevede che sulla spianata di pasta di pane preparata in precedenza bisogna “versarvi sopra una salsa ottenuta amalgamando 700 grammi di pomodoro, 100 grammi di acciughe spinate e spezzettate e un trito di prezzemolo, aglio, peperoncino; aggiungere sale, pepe e poco olio”. Se il pomodoro arrivò dalle Americhe e sconvolse la cucina italiana a partire dal XVIII secolo, le alici erano e sono un prodotto tipico del nostro mare, presenti da sempre nella nostra dieta. A Civitavecchia erano attivi fin dal Settecento stabilimenti in cui si pulivano e si salavano le alici pescate localmente e che poi venivano commercializzate soprattutto nel vicino e famelico mercato capitolino. Gettando un occhio alla voce “Storia della pizza” pubblicata su Wikipedia, scopriamo che la prima attestazione scritta della parola “pizza” è stata rintracciata in un contratto d’affitto stipulato a Gaeta nel 997. Sempre in quella voce c’è un richiamo alla “Pizza alla marinara” che a inizio Settecento era tipica dei luoghi di mare dell’Italia meridionale dove i pescatori al loro ritorno mangiavano una pizza ancora senza pomodoro, condita con acciughe, capperi, origano, olive nere di Gaeta e olio. Insomma la “marinara”.