CIVITAVECCHIA – Circa un secolo fa, era il 1925, l’Opera Nazionale per i Combattenti mise all’asta due case di abitazione poste in Civitavecchia già di proprietà del Banco Nast Kolb e Schumacher. Erano bottino di guerra: con la fine della Grande guerra la legge prevedeva la vendita all’incanto dei beni dei sudditi degli Stati ex-nemici. La banca era di proprietà germanica ed è passata alla storia della letteratura mondiale perché per un breve periodo di tempo nel 1906 vi lavorò lo scrittore irlandese James Joyce, che per sette mesi e sette giorni visse a Roma, in via Frattina, con la moglie e il figlio. Chissà se mai Joyce capitò a Civitavecchia per trascorrere un giorno di mare o per visitare i due immobili che la sua banca aveva acquisito per dei crediti non onorati da Casimiro Guglielmotti.

Già nel 1894 la banca tedesca aveva provato a mettere all’incanto le due proprietà ma senza successo. Nell’avviso che fu pubblicato allora sulla Gazzetta ufficiale veniva fornita la loro descrizione: il primo lotto era una casa con bottega in via Catania n.3, confinante con le vie Catania ed Innocenziana e piazza dell’Ospedale. Il secondo lotto era una casa in via Innocenziana n. 6 e 8, vicolo Sdrucciolo n. 10, 12 e vicolo del Quartiere n.1,3,5.

Nell’avviso del 1925 leggiamo una parziale modifica della toponomastica di queste vie, insistenti nel Ghetto o Borgo S. Antonio: il primo lotto, casa e bottega, erano situate in via Catania, piazza Antonio Fratti, via Francesco Ferrer; il secondo lotto, solo la casa, era in vicolo dello Sdrucciolo, vicolo Ranucci e via Francesco Ferrer.

I due avvisi d’asta, apparsi su pubblicazioni ufficiali, testimoniano che in trent’anni l’odonomastica del Ghetto subì una decisa trasformazione che è proseguita nei decenni successivi, dato che oggi, salvo vicolo Ranucci, quei nomi di via non esistono più. Vicolo dello Sdrucciolo forse è stato assorbito da vicolo Ranucci, ricordato per essere stato garibaldino e vigile del fuoco volontario.

La mia passione per l’odonomastica (il complesso dei nomi delle strade di una città o di un quartiere) mi hanno spinto ad approfondire la storia delle vie del Ghetto che hanno subito modifiche, come d’altronde in altre zone della città, a seconda dei regimi che governarono Civitavecchia: pontificio, liberale, fascista e infine repubblicano.

Devo ringraziare l’architetto Francesco Correnti e Luigi De Angelis (alias Gigi Veleno) che mi hanno messo cortesemente a disposizione la loro competenza ed amore per la nostra città.

Sotto il governo pontificio le vie prendevano nome soprattutto dagli edifici che lì insistevano: avremo così piazza Sant’Antonio che poi diventerà della Concezione dopo che Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854 e la chiesa cambiò nome. Con Civitavecchia italiana la piazza fu dedicata a Nicola Cavalieri di San Bertolo, stimato ingegnere idraulico nato qui ma ben presto emigrato. Nel 1924 con il regime fascista che inaugura il monumento ai Caduti di guerra, la piazza fu dedicata agli Eroi civitavecchiesi di tutte le guerre.

Le altre vie del Ghetto sotto il papa re si chiamavano del Pozzolano, diventata via Guglielmo Oberdan; via della Concezione diventata via Armando Diaz, morto nel 1928. Quella che oggi è via Zara, annessa ufficialmente all’Italia nel 1920 e provincia nel 1923, forse si chiamava via del Borgo o via Palomba o della Palombella. I documenti storici non ci sono di grande aiuto. Sono scelte toponomastiche che scaturiscono nel periodo fascista. Un mistero è la vecchia denominazione di via Luigi Cadorna: sotto il papa era via Catania. Vi risiedevano pescatori provenienti dalla Sicilia?

A me piace particolarmente il vecchio nome di via Cesare Battisti: via della Passeggiata (prima era del Quartierone) e forse assunse tale titolo nella vulgata popolare perché all’inizio era la prima ed unica entrata nel Ghetto di Civitavecchia, allora considerato un corpo estraneo alla città.

Per le altre vie, alcune ricerche sui giornali dell’epoca forniscono particolari interessanti:

“9 novembre 1909: il Consiglio comunale su proposta del sindaco Sabbatini e dell’assessore Alocci delibera di denominare via Francisco Ferrer l’attuale via Innocenziana, e via Felice Cavallotti l’attuale via della Concezione (poi via Cavallotti sarà spostata sull’ex via del Convento).

6 dicembre 1909: Nella prossima riunione del Consiglio comunale si discuterà la proposta di dare il nome di Antonio Fratti alla attuale piazza degli Ospedali.

La città, demolendo alcune anticaglie, vuole onorare giustamente un campione della democrazia italiana. Già due mesi dopo la morte di Fratti, avvenuta il 17 maggio 1897, il consigliere Giuseppe Inesi aveva proposto di dedicare una via al deputato di Forlì morto nella guerra greco-turca.

16 dicembre 1909: Il Consiglio, dopo un breve, patriottico discorso dell’assessore Alocci, per acclamazione delibera di dare il nome di Antonio Fratti all’attuale piazza degli Ospedali.

7 agosto 1910: Ieri furono inaugurate le nuove vie F. Cavallotti, F. Ferrer e piazza A. Fratti, le quali avevano già altre denominazioni. Sulla targhetta col nome di Ferrer è stata deposta una corona di fiori freschi con nastro nero”.

Al governo cittadino in quegli anni, c’era il Blocco popolare (socialisti, repubblicani e radicali) fortemente anticlericale. Il sindaco Sabbatini e l’assessore Alocci (due vie li ricordano) non perdono tempo a modificare più possibile la toponomastica: via Innocenziana, che ricordava papa Innocenzo XII, fautore della creazione del Ghetto a fine XVII secolo, fu sloggiato a favore di Francisco Ferrer, anarchico spagnolo, pedagogista e massone, fucilato a Barcellona il 13 ottobre 1909.

Quando Civitavecchia fu sottomessa al regime fascista, la via fu intitolata XXX Ottobre a ricordo della giornata in cui il futuro duce Benito Mussolini, convocato al Quirinale dal re, si fermò nella stazione di Civitavecchia per salutare le squadre fasciste partecipanti alla marcia su Roma. Alla Liberazione, la via fu dedicata ad Enrico Toti, per uniformarsi alle altre strade dedicate a personaggi della Grande Guerra.