CIVITAVECCHIA – Le urla, quelle di sempre che accompagnano la quotidianità in quell’alloggio arrangiato a ridosso del parcheggio del Bricchetto. L’epilogo questa volta però è diverso, c’è la violenza che prende il sopravvento, c’è la morte sull’uscio di casa. Un omicidio, “femminicidio” per l’esattezza, maturato in un ambiente difficile, dove alcuni rumeni vivono da tempo ai margini della società, tra liti, alcol, malattie e tanto degrado. Poche gioie, tanto dolore e disperazione, solitudini che si uniscono in un amalgama in cui è più facile scambiarsi i mostri interiori del momento che i ricordi di un passato felice che da qualche parte pure è esistito.

Camelia Ion ha 56 anni, vive da tempo a Civitavecchia ed è malata; “insufficienza epatica”, si lascia sfuggire un suo connazionale in un italiano maccheronico. Sono circa le 3 della notte tra giovedì e venerdì e nel tugurio ci sono tre persone. Scoppia una lite che vede coinvolta Camelia Ion e Lucian Tuduran, di 41 anni, anche lui rumeno. L’altra persona presente sente tutto ma probabilmente vede poco o niente, forse si allontana. Al suo ritorno in casa c’è solo il corpo immobile della 56enne, si spaventa e chiama il 112. Sul posto si precipitano le volanti del commissariato e il 118: il personale sanitario non può fare altro che costatare la morte di Camelia Ion e a quel punto le lancette si fermano. La Polizia cristallizza la scena, nota subito la mancanza di segni sul corpo della donna riconducibili a una lite, ma ha la testimonianza del coinquilino che ha assistito alla lite tra la vittima e il suo connazionale con il quale aveva intrecciato una pericolosa relazione.

E allora che fine ha fatto Lucian Tuduran. Arriva la Scientifica e la squadra di polizia giudiziaria. Gli agenti ci mettono poco a intercettare il cellulare del 41enne, che in piena notte aggancia una cella nella zona del mattatoio. È qui che la Polizia lo preleva e lo porta in commissariato per interrogarlo. Lucian Tuduran nega, d’altronde sa bene che non ci sono segni recenti sul corpo della vittima e si sente in qualche modo al sicuro. Gli inquirenti, coordinati dal pm Martina Frattin, non escludono nessuna pista, neppure quella del malore, visto il precario stato di salute della donna. Il testimone però fornisce particolari attendibili che nel giro di dieci ore fanno scattare il fermo. Il 41enne rumeno Lucian Tuduran finisce in carcere poiché gravemente indiziato dell’omicidio della sua connazionale Camelia Ion di 56 anni.

Il corpo della donna è stato tradotto al Verano per l’esame autoptico disposto dall’Autorità giudiziaria. A distanza di quattordici anni un altro femminicidio che vede coinvolta la comunità rumena e sempre nei pressi del sottopasso della stazione. Nel 2010 toccò ad Ana Candoi “morire d’amore” per mano del suo ex, Cosmin Zuica.

LA SVOLTA NELLE INDAGINI: OMICIDA INCHIODATO DA UN TESTIMONE

Era presente durante la lite tra i due, non avrebbe assistito all’omicidio, ma è stato lui a mettere la Polizia sulla pista giusta. Prima ha chiamato il 112 per segnalare la morte di Camelia Ion, poi ha riferito agli operatori della volante della lite tra la vittima e Lucian Tuduran. Il resto lo ha fatto nelle ore successive in commissariato, fornendo agli inquirenti un quadro nitido dell’accaduto, che ha consentito il fermo dell’assassino.

I RAPPORTI CON HARTAN E L’OMICIDIO COSTANTINI: UN PASSATO DAI LATI OSCURI

Ambienti difficili quelli che frequentava Camelia Ion, fatti di gente spesso senza scrupoli e dedita al crimine, oltre che all’alcol. Le forze dell’ordine la conoscevano, in passato si sono occupati di lei più volte. Come nel caso dell’omicidio di Marco Costantini, l’autista 51enne pestato a sangue in casa sua da Hartan Razvan, rumeno di 46 anni a scopo di rapina. La vittima è morta al policlinico Gemelli lo scorso aprile, dopo essere finita in coma per le botte ricevute due mesi primai. Presente in quell’occasione anche Camelia Ion, intimamente legata ad Hartan Razvan. Ascoltata dagli agenti della Polizia riferì di aver solo sentito delle urla ma di non aver assistito al pestaggio in quanto dormiente in un’altra stanza dell’abitazione nella quale si consumò l’omicidio del civitavecchiese.

LA POLIZIA HA SEQUESTRATO LO STABILE: PRELEVATE TUTTE LE SOSTANZE SOSPETTE PER ESCLUDERE L’AVVELENAMENTO

Inchiesta lampo ma meticolosa quella della Polizia, che vista l’assenza di segni evidenti di violenza sul cadavere della vittima ha indagato in due direzioni: il malore e l’omicidio. Le parole del testimone hanno indirizzato gli inquirenti verso quest’ultima ipotesi, mettendo in cima alle probabili cause di morte il soffocamento oppure l’avvelenamento. Ecco perché i poliziotti, prima di apporre i sigilli hanno portato via dall’abitazione diverse sostanze sospette, poi sottoposte ad analisi scientifiche. Solo successivamente ha preso piede l’ipotesi di una morte per soffocamento. Sarà l’esame autoptico a chiarire ogni aspetto.

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