CIVITAVECCHIA – Sugli online di Civitavecchia è apparso un articolo di Flavio Martino in cui si afferma che via Alberto Guglielmotti è dedicata al sottotenente di artiglieria Alberto (1896-1916) caduto in guerra il 29 ottobre 1916 a Oppacchiasella (oggi in Slovenia, vicino Gorizia) e che non è vero che è dedicata a padre Alberto Guglielmotti, frate domenicano, illustre storiografo e zio del primo e pertanto “si è creato l’equivoco che inganna e ha cambiato la realtà”.

L’autore prosegue, affermando che “sbagliano tutti, anche chi non dovrebbe sbagliare”. I miei studi universitari mi hanno insegnato che la Storia si scrive utilizzando principalmente le fonti, quando sono disponibili come in questo caso e soprattutto sono state pubblicate, a disposizione di tutti.

Nel mio volume “All’Oriente di Civitavecchia. Massoni e logge civitavecchiesi da Napoleone a Mussolini (1811-1925)” pubblicato nel 2010 da Settecittà di Viterbo, ho ampiamente parlato dell’intitolazione di quella via avvenuta nel 1883.

I primi anni di Civitavecchia postunitaria (dopo il 16 settembre 1870) videro un acceso anticlericalismo e la nascita in città di logge massoniche che cercavano in ogni modo di contrastare l’attività religiosa. Per anni furono proibite le processioni, si crearono ricreatori per l’educazione laica dei giovani, si allontanò dalle scuole comunali il personale religioso e altro ancora.

Nel 1883, tuttavia, il Consiglio comunale deliberò di dedicare una via a padre Alberto Guglielmotti, ancora vivo, con questa motivazione: Perché fosse eternata la memoria di chi, onorato da tutti come sommo istoriografo, onora il paese, che ha il vanto d’avergli dato i natali.

E la via prescelta volle il Consiglio fosse quella tra il Palazzo Patrizi e la Residenza Vescovile, e che è parallela all’altra intitolata da Andrea Doria, quegli che s’ebbe parte nella battaglia di Lepanto, dalla S.V.R. narrata con tanta fedeltà e dottrina, da farne la più pregevole illustrazione di quell’avvenimento gloriosissimo.

In quegli anni i civitavecchiesi potevano leggere oltre i giornali nazionali anche un periodico locale: il “Fiorello”. Direttori del giornale erano Cornelio Manzi e Giovanni Gaddi, scrittori e drammaturghi di relativa fama.

Sulle pagine di quel giornale, imperversava l’anonimo “Napoleone” che giudicava e criticava ogni decisione degli amministratori locali. Nella disposizione del Consiglio comunale di dedicare una via al frate domenicano, trova un’unica nota positiva e gustosamente anticlericale: “che a proscrivere il nome di via del Seminario, di quella via dove cavano preti e pretuzzi, ha inscentemente contribuito … un frate, quasi a perpetua conferma dell’inveterato antagonismo che separa queste due gigantesche colonne della Chiesa” Lo leggiamo sul “Fiorello” del 22 aprile 1883.

Appresa la notizia della dedicazione di una via, padre Alberto Guglielmotti scrisse al Comune una lettera in cui affermava:

“Di cotesta nobilissima città, e di cotesto classico porto, se abbia meritato poco, o assai, lo scrivente non discute innanzi a giudici tanto benevoli, quanto si sono dimostrati l’ill.mo signor Sindaco e gli altri rispettabili Consiglieri Municipali al cui autorevole cospetto rispettosamente chinata la fronte, senza stento di frasi né di cuore, dice e sente gratitudine, secondo il loro piacimento.”

I consiglieri comunali non inserirono il titolo dovuto a padre Alberto, per rimarcare il loro anticlericalismo. Da ciò nasce l’equivoco fra l’illustre zio e lo sfortunato nipote, morto giovane al servizio della Patria.