Deposito nazionale di scorie nucleari, il comitato No scorie di Canino ieri in Provincia per stringere i tempi sulle azioni da concordare dopo l’inizio della procedura di Vas (valutazione ambientale strategica) da parte del ministero dell’ambiente. C’è tempo fino al 26 dicembre prossimo, infatti, per le relazioni degli enti locali coinvolti nei 21 siti ritenuti idonei, lo scorso 13 dicembre 2023, a ospitare il Deposito unico di scorie nucleari. Come soggetti competenti per le questioni ambientali, interlocutori abilitati a realizzare la relazione che dovrà essere presentata al ministero in previsione della Vas, non sono stati accreditati dal ministero comitati e associazioni e, questo, è stato fortemente criticato dal Biodistretto della Via Amerine e delle forre e dagli stessi comitati, in primis quello di Canino, in prima linea contro la realizzazione del deposito nella Tuscia.
«Il documento che verrà stilato e sul quale dovremo convenire tutti – dice il geologo Antonio Menghini, membro del comitato no scorie di Canino – dal ministero a Provincia, Comuni e associazioni, stabilirà le regole con cui andrà condotta la Vas, quindi sarà cruciale. Una volta che passerà questo documento non ci sarà più modo di tornare indietro per cui è importante definire subito i paletti. La rete dei comitati e quello di Canino stanno partecipando attivamente a realizzare questo documento richiesto dal Mase con il quale si definiranno le regole per procedere con la Vas e, successivamente alla Via, la valutazione d’impatto ambientale». Tra le obiezioni sollevate dal comitato e che saranno esplicitate nella relazione ci sono molti punti importanti tra cui «il fatto che sono stati messi insieme rifiuti a bassa radioattività con quelli ad alta: noi diciamo che le scorie ad alta radioattività andrebbero lasciate nelle centrali dismesse mettendole in sicurezza piuttosto che movimentarle rischiando in modo esponenziale incidenti per i molti viaggi di trasporto da tutta Italia. La Vas prevede soluzioni alternative, vediamole e prevediamole».
Il geologo Menghini, poi, parla di altre obiezioni altrettanto rilevanti per dire no al Deposito nazionale di scorie nucleari in uno dei 21 siti della Tuscia. «Ci sono poi aspetti metodologici – continua Menghini – che riguardano su come Sogin ha proceduto a selezionare le aree. Sogin avrebbe dovuto adottare le regole previste da Ispra e, in base a queste, si sarebbero dovuti escludere tutti i siti della Tuscia. Un criterio di esclusione è quello della vicinanza alle falde acquifere e, i 21 siti previsti nel Viterbese, insistono tutti sulle falde ad uso idropotabile».
Insieme a questo criterio anche altri tra cui «la distanza dai centri abitati – dice ancora il geologo -, dalle vie di comunicazione principali e altri fattori mai formalizzati perché, quando è stata pubblicata nel dicembre scorso la Carta delle aree idonee, questa non è stata motivata».
Nella relazione che sarà inviata al ministero e che avrà l’apporto fondamentale di comitato e Biodistretto ci sono ulteriori rilievi.
«Non parliamo poi del danno sui prodotti tipici del territorio che verranno penalizzati – approfondisce Menghini – non solo a Canino ma in tutti gli altri comuni. Sogin non ha neanche considerato il rischio sanitario legato, nella Tuscia, all’alta incidenza dei tumori per il radon».
Il comitato ieri ha chiesto alla Provincia di riformulare la Vas tenendo conto di tutte queste considerazioni e rimettendo in discussione tutta l’impostazione usata da Sogin per indicare i 21 siti idonei nella Tuscia ad ospitare il Deposito scorie.
«Il fatto che vengano dati solo 45 giorni per rispondere con i rilievi – aggiunge ancora Menghini – e solo a Comuni, Provincia e Regione, escludendo i comitati e il Biodistretto che hanno raccolto informazioni, non permette un lavoro approfondito». Quindi un’anomalia che il comitato di Canino ha fatto presente a Provincia e attori coinvolti nella discussione sulla Vas. «Quando si affronta il tema delle barriere naturale e ingegneristica con cui mettere in sicurezza il Deposito – conclude Menghini – si sarebbe dovuto considerare che il posizionamento del Deposito prevede barriere naturali con condizioni ottimali ed esclusione di quelle con risorse idriche sotterranee. Tutti i siti, invece, hanno la presenza di falde acquifere e a profondità molto modeste e, in caso di contaminazione radioattiva, in poche settimane il danno sarebbe irreversibile. Tutto è stato fatto notare fin dal Seminario nazionale».
Come hanno risposto? «La risposta è stata che verranno previste indagini integrative solo nelle aree in cui i territori avranno mostrato disponibilità ad avere il Deposito – chiude Menghini – e, secondo noi, questo è folle perché nessun comune si è fatto avanti e, portando oltre nel tempo le indagini si restringeranno le probabilità per una valutazione contraria al Deposito. E’ inaccettabile che tutto venga definito sulla base di uno studio fatto a tavolino».