CIVITAVECCHIA – «Settantacinque anni di amicizia. Eravamo due ragazzini, e siamo stati legati fino a ieri, fino al suo ultimo calvario. Giampiero era un gigante, un uomo libero, un faro per tutti noi. Ha fatto tanto, per tanti». Con la voce rotta dall’emozione e non senza fatica, Roberto Melchiorri, amico di sempre, ricorda così Giampiero Romiti, scomparso ieri a 83 anni.

Una vita vissuta insieme, tra battaglie, idee e progetti, che spesso sfociavano in confronti appassionati ma sempre costruttivi. «Quante ne abbiamo condivise, sportive e non solo. Giampiero aveva un obiettivo chiaro: fornire un contributo libero, indispensabile. Era la sua missione, e non ha mai fatto compromessi». Romiti, decano del giornalismo locale e maestro per generazioni di cronisti, ha lasciato un segno indelebile nella storia della stampa civitavecchiese. «Il nome dell’associazione Civitavecchia C’è? L’idea è nata da lui, durante una cena. Mi ricordo che disse: “Il nome deve essere questo, perché ce semo”. Eppure non si è mai iscritto: voleva mantenere la sua autonomia, sempre». 

Fino alla fine, Giampiero ha incarnato il valore della libertà di pensiero. «Qualche giorno fa, quando le cose stavano peggiorando, gli ho scritto chiedendogli se potevamo fare qualcosa per lui. Mi ha risposto: “Tranquillo, non voglio niente da nessuno”. Era fatto così». 

Gli attestati di stima che stanno arrivando in queste ore da tutta la città e non solo testimoniano la sua grandezza, ma per Melchiorri non bastano: «Non rendono davvero l’idea di chi fosse Giampiero, della sua capacità di leggere le situazioni al volo, di risolverle, sempre con uno spirito di servizio unico. Maestro? È riduttivo. Alla stampa e ai giornalisti locali lascia un’eredità immensa, un esempio che difficilmente potrà essere eguagliato».