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Arsenico e fluoruri nell’acqua, per il Comitato Non ce la beviamo siamo in una vera e propria «emergenza sanitaria».
Ieri, presso il bar Xo, il comitato ha convocato una conferenza stampa per parlare della lettera urgente inviata, tra gli altri, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni; alla vicepresidente del parlamento europeo Antonella Sberna; al ministro della salute Orazio Schillaci; ai rappresentanti della Tuscia eletti in Parlamento e Regione Lazio e alle istituzioni locali. Nel testo una presa d’atto: “E’ evidente che l’installazione degli impianti di dearsenificazione non si è rivelata sufficiente a risolvere il problema”.
Da qui una seconda constatazione dura quanto oggettiva: “Riteniamo quindi che esista una emergenza sanitaria e una violazione del diritto di accesso all'acqua potabile per la popolazione della Tuscia che impone al Governo, alla Regione Lazio e a tutte le Istituzioni competenti un urgente intervento finanziato dalla fiscalità generale”.
Il comitato Non ce la beviamo non usa mezze parole e rilancia in conferenza stampa. «Le continue ordinanze di non potabilità – ha detto Paola Celletti – per il superamento di 10 microgrammi per litro di arsenico, sono la conferma che siamo in emergenza sanitaria. La corte europea di giustizia, con sentenza del 7 settembre 2023, condanna l’Italia per la situazione dell’acqua: quindi non sono i Comuni ma la fiscalità generale, lo Stato, che deve intervenire subito per coprire i costi e trovare soluzioni». Però ci sono anche i sindaci della Tuscia che «fino a ora, sia quelli già dentro quelli Talete che quelli entrati da poco, non hanno fatto nulla apparte votare il passaggio di parte della gestione ai privati».
«Ci sono i numeri che ci confermano che tutta la Tuscia è in sofferenza – ha detto Antonella Litta dell’Isde – sia per l’arsenico che per il radon che si scioglie nell’acqua. La determina del 4 luglio della Regione Lazio ha sospeso la captazione dell’acqua a uso umano dal lago di Vico e prevede lo scavo di pozzi: noi lo diciamo da anni e anni ma i sindaci non ci hanno mai ascoltato. La Tuscia è tra le prime province in Italia per le malattie oncologiche che, è stato accertato, molte derivano dalla cronicità dell’ingerenza di arsenico presente nell’acqua».
«Le ordinanze di questa estate di non potabilità nel Comune di Viterbo danno l’idea dell’emergenza esistente – ha affermato Carlo Lavalle, portavoce del comitato di quartiere S.Pellegrino-Centro Storico – serve capire che è imperativo intervenire con soluzioni chiare e rapide. Ci sono 4,4 miliardi di euro previsti nel Pnrr per progetti di risistemazione del sistema idrico e la potabilizzazione: chi li sta richiedendo? Si calcola che la crisi climatica ha diminuito del 20% le falde idriche. La Tuscia è nel distretto idrico dell’Appennino centrale che ha severità media con tendenza al peggioramento».
Quindi le criticità tutte di gestione. «La gestione dell’acqua è nelle mani di pochi – ha detto Emanuela Petrolati – il nostro appello è a tutti i rappresentanti politici del territorio: referendum, procedure d’infrazione e alti costi ricadenti sui cittadini non hanno fermato la privatizzazione che l’Ato1 di Viterbo ha proposto al 40%. Le analisi sul sito della Asl, sui livelli di arsenico, per molti Comuni, sono ferme ad aprile. Serve un monitoraggio puntuale per la salute pubblica».
Quindi una proposta di azione già ufficializzata ma mai presa in considerazione dalle istituzioni: avviare il monitoraggio delle acque sotto i monti Cimini.
«Lo studio condotto dall’Unitus in collaborazione con Enea, Iss e Arpa Lazio – precisano dal comitato - ha rilevato sorgenti prive di arsenico o vicine allo zero nelle zone dei Monti Cimini».
Perché nessun politico ne parla e propone di avviare approfondimenti su questo studio?
E’ una delle tante domande del comitato «che nelle riunioni Ato è stato spesso cacciato – dicono – e non si sa mai quando questi incontri si svolgono. Tutti dovrebbero poter dire la loro».
Nella lettera inviata alle autorità Non ce la beviamo, in sintesi, chiede il ripristino dell’acqua potabile e sicura non avvicinando i limiti di legge; l’urgente contributo pubblico per coprire le attuali spese per i dearsenificatori con il loro potenziamento e per risolvere definitivamente il problema acqua; la capillare e tempestiva informazione alla popolazione sullo stato delle acqua e massima trasparenza per risolvere la problematica.