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Guardando Massimo, ciò che colpiva era il suo sorriso aperto, cordiale, sincero. Quando ti salutava per strada, ti abbracciava con il suo modo di sorridere. Poi però scrutava, con i suoi occhi neri e profondi, dietro le lenti degli occhiali, e sapevi che lui già aveva capito tutto ciò che stavi pensando. La sua sensibilità e il suo modo di comprenderti, anche senza parlare, era unico. È morto a 60 anni il magister, Massimo Agneni, conosciuto e amatissimo a Viterbo.
La parola “maestro”, magister, sappiamo essersi sviluppata dal latino “magistru(m)” e, per suonare come oggi la si sente, è passata di bocca in bocca per tanto tempo. È parola oggi di trafila popolare, ma si addice solo a chi è veramente speciale. Il termine, dal suo significato latino originario, indicava colui che è superiore ad altri per potere, dignità, autorità, e che quindi comanda loro e richiede ubbidienza, rispetto, onde il termine veniva adoperato principalmente nel linguaggio militare.
Ma lui no. Era forse superiore per intelligenza, sensibilità, educazione, ma era un uomo di rara umiltà.
Non richiedeva ubbidienza, né comandava, anzi sapeva ascoltare, condividere, consigliare, consolare, rispettare. Era il magister, il maestro, il prof per eccellenza, a cui si poteva chiedere qualsiasi cosa: sapeva tutto, ma soprattutto sapeva e voleva aiutare e farsi volere bene.
Docente e guida turistica, apprezzato, benvoluto e stimato non solo nella città dei Papi, ma anche in gran parte della provincia, fin dai tempi del gruppo di coetanei, che si riuniva a piazza delle Erbe, la sera o “al portone” del Corso Italia. Quattro chiacchiere, due risate. Un grande gruppo di ragazze e ragazzi, che organizzava gite al mare per Pasquetta e che, dopo ferragosto, già si chiedeva: «Ah ragà, che famo a Capodanno?». Sì, perché il Magister, come tutti noi, fra amici, usava anche termini viterbesi. In una città, dove tutto è rimandato a “doppo Santa Rosa” (usando l’idioma locale), lui no. Se ne è andato prima, alla fine dell’estate, dopo una lunga malattia, affrontata con coraggio e con l’aiuto di chi gli è stato sempre vicino. Non ha aspettato Santa Rosa. La nuova Macchina. La festa che amava come tutti i concittadini. Non ha aspettato il rientro a scuola dalle vacanze. Un grande professore alla scuola secondaria di primo grado (insegnava a Vitorchiano), ma soprattutto un grande uomo, un amico che amava le camminate in compagnia, la storia, la sua città, inclusivo, socievole, solare. Negli ultimi anni aveva anche preso parte al Cammino sulla via dell’esilio di Santa Rosa.
Appassionato di sport, soprattutto di tennis, era anche un profondo conoscitore di tanti percorsi della Tuscia, dove “guidava” e organizzava escursioni divertenti. Il mercoledì si poteva incontrare spesso alla terme di pomeriggio ed era sempre un piacere parlare con lui. Il 18 aprile scorso aveva festeggiato i 60 anni, circondato dagli amici di sempre, che hanno inondato i social di messaggi di stima e affetto.
I funerali del Magister saranno celebrati domani alle 15 nella chiesa di Santa Barbara.