LADISPOLI – Dopo le mareggiate delle scorse settimane, la quiete. Ma sono stati consistenti i danni sulla costa, un problema in più per gli operatori balneari in perenne attesa delle scogliere per la difesa del litorale, soldi che sono stati finanziati dalla Regione Lazio (più di 6 milioni di euro) già anni fa. È l’iter burocratico ad andare a rilento con il rischio che nemmeno l’estate 2025 sia quella giusta. L’intervento previsto è stato denominato “Difesa costiera nel tratto di litorale compreso tra Torre Flavia e Marina di Palo” e include anche un’accurata valutazione della compatibilità ambientale dei materiali coinvolti. Una delle ultime novità è che la progettazione tecnica è stata affidata ad un’azienda di Roma specializzata in interventi costieri nel cui staff figurano geologi, ingegneri, archeologi e biologi. Tra le operazioni preliminari, rilievi topografici e studi idraulico-marittimi, fondamentali per garantire una pianificazione adeguata alle peculiarità del territorio.

LA RASSICURAZIONI Come anticipato nelle scorse settimane da Filippo Moretti, consigliere comunale e delegato alle Aree protette del comune di Ladispoli, erano state chiese delle integrazioni per la Via, la Valutazione d’impatto ambientale. E Palazzo Falcone ha esaudito le richieste degli uffici fornendo ogni tipo di documento per ottenere le autorizzazioni. «Abbiamo sollecitato continuamente la Pisana perché siamo preoccupati per le sorti della nostra costa colpita da mareggiate fortissime anche in periodi dell’anno dove solitamente non avevamo mai avuto problemi», è quanto aveva detto Moretti. Non solo quelle gestite da privati, anche le spiagge libere sono state inghiottite in via Regina Elena, via Marco Polo e via Marina di Palo, praticamente i tre tratti del lungomare ladispolano dove si è formato un vero e proprio scalino che toglie spazio ai futuri villeggianti. Soffre pure l’oasi di Torre Flavia. La palude non è detto che sia nei radar di questo finanziamento eppure gli ambientalisti continuano a lanciare un Sos nella speranza che i mare non contamini l’acqua dello stagno dove vivono numerose specie di animali, alcuni anche in via d’estinzione.

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