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CIVITAVECCHIA – La mancata cancellazione di Hcs finisce sotto la lente della Procura della Repubblica.
Non solo la Provincia è rimasta stupita del fatto che i liquidatori di HCS, dopo aver concluso il concordato liquidatorio il 31 dicembre 2021, invece di estinguere e cancellare la società, come prevede la Legge, abbiano ripreso, nell’ultimo anno e mezzo, l’attività della società.
Una condotta che la Legge vieta severamente e che quindi ha attirato l’attenzione della Guardia di Finanza e della Procura, che si è attivata per capire cosa si celi dietro l’arcano della HCS. Quando una società conclude la liquidazione (in questo caso “concordataria”) deve essere estinta e cancellata dal Registro delle Imprese e non può tornare ad operare.
Le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Mirko Piloni, che ha delegato la Guardia di Finanza a relazionare sulla situazione, anche sulla base di quanto sarebbe stato dichiarato da alcuni creditori della HCS che a loro volta pare che abbiano presentato un esposto ritenendo di aver subito una vera e propria frode.
Secondo alcune indiscrezioni, i finanzieri avrebbero convocato anche il liquidatore Santoro, che dopo il primo articolo della Provincia anche al Comune si sarebbe giustificato dicendo di non poter cancellare la società in quanto starebbe riscuotendo altri crediti, che a questo punto bisogna pensare che non siano stati inseriti nell’inventario dell’attivo proposto per soddisfare i creditori che hanno accettato il concordato, che come detto si è chiuso a fine 2021.
In altri termini, il liquidatore avrebbe candidamente ammesso che la HCS non avrebbe proposto alla assemblea dei creditori tutti i propri beni e crediti, come imposto dalla legge, omettendone alcuni. Hcs ha imposto ai creditori stessi di accettare il 21% delle spettanze. Se fosse confermato che in realtà Santoro starebbe riscuotendo, senza aver mai informato il Giudice, il Tribunale, i Commissari e soprattutto l’assemblea dei creditori, crediti mai inseriti nel concordato, si tratterebbe di una grave illeicità.
Se la Procura dovesse verificare che la HCS (come sembrerebbe sostenere il suo legale rappresentante) non ha inserito tutti i propri beni o crediti nell’inventario proposto ai creditori, ma ne ha occultati e dissimulati alcuni che poi, adesso, cerca di riscuotere per proprio conto, si configurerebbe una vera e propria frode ai creditori. La Procura, qualora accertasse che la HCS non ha inserito crediti nel concordato dicendo di avervi rinunciato per poi riscuoterli in frode ai creditori, non potrebbe far altro che richiedere la revoca del concordato e, subito dopo il fallimento, la bancarotta fraudolenta.
In questo caso, si aprirebbe per il Comune una vera e propria voragine. Il Comune, socio unico di HCS, in caso di revoca del concordato dovrebbe rispondere non più con gli 11 milioni già versati ma per l’intro debito accumulato dalla società ovvero con oltre 30 milioni complessivi. Si può immaginare l’impatto devastante sui conti della amministrazione con le inevitabili conseguenze politiche, e non solo.
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