TARQUINIA – C’è nudo e nudo. E non è da oggi che sociologi, antropologi, psicologi e professionisti del modo dell’arte e della cultura “sprecano” fiumi di inchiostro per spiegarne la differenza.

Il nudo nell’arte sacra da secoli, ad esempio, arricchisce le più belle chiese del mondo.

Eppure ancora oggi c’è chi grida allo scandalo di fronte a pitture o arti performative che pongono il corpo al centro di creazioni che interpretano le realtà attraverso simbolismi che ci hanno permesso di apprezzare grandi opere come il David di Michelangelo Buonarroti, largamente considerato un capolavoro della scultura mondiale.

E che dire della Cappella Sistina che affascina ogni anno centinaia di migliaia di turisti, dove nelle pareti sono raffigurati corpi nudi, dipinti senza indumenti, neanche una foglia a coprire le parti intime.

Innumerevoli artisti nel corso dei secoli hanno popolato di uomini e donne senza veli le loro opere, che abbelliscono le chiese cattoliche di tutto il mondo.

Come scrive Philip Kosloski «I corpi nudi hanno una lunga storia nell’arte sacra. Nel Rinascimento gli artisti usavano quattro tipi diversi di nudità per simboleggiare quattro stadi dell’umanità. In primo luogo c’è la nuditas naturalis, che mostra lo stato naturale dell’umanità prima della Caduta, spesso rappresentata in scene collegate all’Eden o al Paradiso. C’è poi la nuditas temporalis, che rappresenta la povertà, a volte volontaria, e il confidare dell’umanità in Dio per tutto ciò che riceviamo. In terzo luogo c’è la nuditas virtualis, a simboleggiare purezza e innocenza. Le rappresentazioni della “penitente Maddalena”, ad esempio, la mostrano spesso nuda, coperta solo dai suoi capelli, come simbolo del ritorno dell’anima all’innocenza dopo il pentimento. C’è infine la nuditas criminalis, che rappresenta l’orrore della lussuria e della vanità».

«San Giovanni Paolo II – ricorda Philip Kosloski – ha spiegato nella sua Teologia del Corpo che “nel decorso delle varie epoche, cominciando dall’antichità – e soprattutto nella grande stagione dell’arte classica greca –, vi sono opere d’arte il cui tema è il corpo umano nella sua nudità… Queste opere portano in sé, quasi nascosto, un elemento di sublimazione, che conduce lo spettatore, attraverso il corpo, all’intero mistero personale dell’uomo. In contatto con tali opere (…) non ci sentiamo determinati dal loro contenuto verso il ‘guardare per desiderare’».

«La rappresentazione della nudità è ovviamente del tutto diversa dall’uso del nudo nella pornografia –  sottolinea Kosloski – San Giovanni Paolo II sottolineava come le produzioni pornografiche abbiano l’intenzione esplicita di suscitare lussuria, presentando il corpo umano come un oggetto da usare. Il porno non rispetta la dignità della persona umana, e l’atto sessuale viene sfruttato per la soddisfazione personale a scapito di un’altra persona. La nudità nell’arte cristiana è invece volta a rivelare la bellezza dell’umanità e l’opera meravigliosa del Creatore. Ha un profondo simbolismo e non vuol essere un ostacolo, ma una via per raggiungere un maggiore apprezzamento del “mistero personale” dell’umanità».

Eppure a Tarquinia, cuore pulsante del mondo degli Etruschi, ci si scandalizza per una perfomance, quella dell’artista Michele Rava, che nella chiesa sconsacrata di San Pancrazio di proprietà della Diocesi Civitavecchia Tarquinia, nell’ambito del Premio Vasco Palombini, ha allestito una rappresentazione completamente nudo.

L’artista si è versato in testa acqua gelida raccolta in vasi di terracotta a forma di fiori. Un gesto purificatore, di richiamo battesimale. E tanto è bastato per sollevare un polveroni tra chi ha voluto gridare allo scandalo. Mail e messaggi social hanno acceso il dibattito, con l’evento ripreso anche da Dagospia. A tal punto che la Diocesi si è trovata a dover prendere distanza da quella rappresentazione, che però, altro non è che arte.

«La Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia esprime rammarico e delusione per quanto avvenuto sabato 28 settembre nell’ambito della rassegna Premio Città di Tarquinia “Vasco Palombini” nei locali della chiesa sconsacrata di San Pancrazio – scrive la Diocesi - Prendendo le distanze sulla performance di dubbio gusto e contraria alla morale cattolica che vi si è svolta, la Diocesi informa che è venuta a conoscenza dell’accaduto solo attraverso gli organi di stampa e di non aver convenuto con gli organizzatori alcun programma degli eventi – recita la nota della Diocesi - La Diocesi fa altresì presente che, nell’accordo tra le parti sottoscritto con l’organizzazione del Premio Città di Tarquinia “Vasco Palombini”, quest’ultima si è impegnata a esibire opere «nella consapevolezza della sacralità del luogo». Venendo meno tale accordo, la diocesi si riserva di fare tutto quanto le è possibile affinché tali episodi non si verifichino nuovamente».

La domanda sorge spontanea, allora che facciamo, abbattiamo il David di Michelangelo e cancelliamo gli affreschi dalla Cappella Sistina? Tanto per dirne due a caso.

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