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Movida o quiete per i residenti? Il quesito è di quelli altamente divisivi e la possibilità per il Comune di trovare una soluzione salomonica con un Patto della notte che soddisfi le “fazioni” in campo appare quanto mai complicata.
Il punto è che la movida, al di là del divertimento, genera un flusso economico per quei pubblici esercizi - e quindi per l'economia cittadina - che hanno scelto di aprire le loro attività nella parte monumentale di Viterbo, concentrandosi in particolare nella zona di San Pellegrino.
Sull’altro fronte i residenti, che reclamano il giusto diritto al riposo nelle ore destinate al sonno.
Il nodo focale è che entrambe le “fazioni”, nei rispettivi ambiti, contribuiscono alla sopravvivenza di quell’area limitandone lo spopolamento e la desertificazione.
Intanto venerdì scorso, in un incontro con l'assessore allo Sviluppo economico locale Silvio Franco, le associazioni di categoria Confcommercio, Cna, Confesercenti, Confartigianato e Confimprese hanno presentato le loro proposte, nell'ottica di arrivare a una modifica del Patto per la notte.
Soprattutto in previsione della revisione delle politiche di urbanistica commerciale, nello specifico del Piano del commercio e del correlato Patto per la notte.
Le associazioni, con una nota congiunta, evidenziano la già complessa situazione nel centro storico “tra le difficoltà legate alla crisi economica ed energetica, allo spopolamento, alla mancanza di attrattività da parte degli studenti universitari, dovuta anche alla ridotta presenza di attività commerciali. Fattori che contribuiscono a rendere il cuore della città meno appetibile anche per la popolazione”.
Lamentando come le attuali politiche di urbanistica commerciale dettate dal Piano del commercio e del correlato Patto per la notte, in particolare nell’area fucsia del centro storico, “costringano le imprese a continue richieste di deroghe, di conseguenza a lavorare nell’incertezza” tengono a sottolineare che la posizione delle associazioni di categoria negli anni non è cambiata. “Il patto era stato a suo tempo firmato in quanto unico strumento disponibile, vista l’approvazione del Piano del commercio che includeva le limitazioni agli orari di apertura”.
La richiesta di modifica, in realtà, era stata già avanzata anche alla precedente amministrazione prima dell’arrivo della pandemia, che ha fatto slittare la questione in secondo piano.
Tra le richieste il prolungamento degli orari è quella maggiormente al centro dello scontro tra le due “fazioni”.
Confcommercio, Cna, Confesercenti, Confartigianato e Confimprese propongono di consentire l’apertura dalla domenica al giovedì fino all’1,30, mentre venerdì, sabato, giorni festivi e prefestivi, o in caso di eventi speciali, fino alle 2,30.
Chiedono inoltre la rimozione di alcune limitazioni, come ad esempio l’obbligo di consumare all’interno del locale nell’ultima ora di apertura, o il rispetto dei limiti sul rumore sempre nell’ultima ora, già regolati per legge, per rispettare i quali sono stati anche installati dei limitatori di volume. Le associazioni aprono alla possibilità di dotarsi di addetti al servizio di controllo e di coinvolgere imprese e Comune in iniziative di formazione e sensibilizzazione.
Le richieste sono sul tavolo dell'assessore Franco e le associazioni di categoria ora sono in attesa della “valutazione dell’amministrazione al termine delle consultazioni con i comitati dei residenti e gli studenti, auspicando l’apertura di un tavolo permanente sul tema”.
E in vista dell’avvio di un dibattito sul Piano urbanistico comunale, per il quale confidano venga costituito un tavolo di programmazione negoziata interassessorile che veda coinvolte anche le associazioni, segnalano fin da ora l’intenzione di chiedere la modifica dell'attuale suddivisione in “zone colorate” della città. Ritengono infatti più funzionale allo sviluppo del territorio il mantenimento di due uniche zone: “dentro le mura” e “fuori le mura”.