MONTALTO – C’è anche un’azienda di Montalto nella lista delle imprese visitate dai Nas nell’ambito dei controlli effettuati in tutta Italia sui bovini infetti con marchi auricolari contraffatti e dichiarati falsamente di razza pregiata, immessi nel mercato a prezzi esorbitanti come carne pregiata. L’allevatore castrense, secondo i pochissimi particolari trapelati, sarebbe finito nel registro degli indagati (sono 65 in tutta Italia), ma come vittima inconsapevole della maxi truffa. Avrebbe cioè acquistato inconsapevolmente un partita di bovini aventi marchi auricolari contraffatti e li avrebbe, in passato, commercializzati nella convinzione di smerciare carne buona. Nel blitz di martedì mattina i Nas non avrebbero infatti trovato in azienda particolari irregolarità né eseguito sequestri di merce. Una posizione, quella dell’allevatore montaltese che resta tuttavia al vaglio della Procura di Perugia che avrebbe per prassi inserito l’allevatore nel fascicolo. Nell’ambito della stessa maxi operazione, controlli sono stati effettuati anche presso un’azienda di Canino. In generale, secondo gli inquirenti, le aziende riuscivano ad eludere i controlli sanitari con la compiacenza di alcuni veterinari (per ora sarebbero sei gli indagati), facendo apparire sani gli animali infetti destinati alla commercializzazione e alla macellazione. Il blitz di martedì ha riguardato 21 province di 12 regioni. L’operazione, denominata Lio, condotta dal Nucleo A.S. di Perugia, ha riguardato infatti Arezzo, Avellino, Bari, Foggia, L’ Aquila, Latina, Lodi, Matera, Padova, Perugia, Pesaro Urbino, Pistoia, Potenza, Ravenna, Rieti, Roma, Siena, Terni, Torino, Verona e appunto Viterbo. In azione 300 carabinieri che hanno dato esecuzione a 78 decreti di perquisizione con  sequestri di bovini e allevamenti per circa due milioni di euro. Nella maxi frode da milioni di euro si ricorreva a diversi stratagemmi per smerciare finta carne pregiata: da buoi che avevano lo stesso codice identificativo o lo stesso numero seriale di animali già morti a quelli che figuravano di età più giovane rispetto a quella dichiarata. In alcuni casi gli animali macellati erano affetti da tubercolosi, brucellosi o ‘‘lingua blu’’, ma, secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del Nas dell’Umbria, risultavano formalmente sani grazie a controlli compiacenti e attestazioni false, firmate proprio da medici veterinari. L’indagine, partita da Perugia nel 2011, ha portato i carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità in allevamenti e mattatoi di quasi tutta l’Italia, sulle tracce di bovini con i documenti falsi. Le accuse contestate dalla Procura, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione, all’immissione di prodotti alimentari nocivi e falsi. Le malattie di cui alcuni capi risultavano portatori sarebbero pericolosi per l’uomo: il rischio di ammalarsi riguarderebbe però solo gli allevatori. «Per i consumatori - ha infatti precisato il capitano Marco Vetrulli, comandante del Nas - i rischi sono nulli. Il pericolo del contagio, infatti, viene scongiurato dalla cottura o dal congelamento della carne». (a.r.)