FIUMICINO - Una cerimonia solenne per ricordare quanti hanno perso la vita lontani da casa: si è svolta ieri, presso la stele dedicata ai martiri di Kindu, la tradizionale commemorazione in ricordo dei tredici aviatori italiani caduti il 11 novembre 1961 a Kindu, nella Repubblica Democratica del Congo. L’evento, organizzato dai Lions Club Roma Mare, ha visto la partecipazione del Sindaco, Mario Baccini e delle autorità civili, militari e religiose, oltre che dei familiari dei caduti, uniti nel ricordo di coloro che persero la vita in nome della pace.

«Il ricordo dei martiri di Kindu è un richiamo forte e chiaro alla nostra responsabilità verso la pace e la libertà. Gli uomini che hanno sacrificato la loro vita durante una missione di pace, ci lasciano un’eredità di valori che devono guidare il nostro operato quotidiano e che devono essere trasmessi alle nuove generazioni. – ha dichiarato il Sindaco durante il suo intervento –. È fondamentale che i giovani, comprendano l’importanza di ideali come il rispetto, la tolleranza e la solidarietà, affinché possano crescere con una coscienza civile orientata verso la giustizia e la collaborazione». «Oggi, come accade da 37 anni, siamo qui a ricordare i caduti di Kindu. Questo momento è anche dedicato a tutti i militari italiani impegnati nel mondo per garantire democrazia e tolleranza a tutela della pace e della libertà dei popoli – ha detto Silvana Gatti, presidente del Club Lions. In rappresentanza delle nuove generazioni, Francesca Basto, Presidente del Club Roma Mare, ha commentato: «A più di sessant’anni, il loro sacrificio ci commuove ancora e ci ricorda l’importanza di impegnarsi per gli altri, anche quando ciò comporta dei rischi. Come giovani, abbiamo il dovere di non dimenticare mai che ogni azione di pace, anche la più piccola, può cambiare il mondo».

Tra gli interventi, anche quello di Salvatore Iannì Governatore del distretto 108L. «Il martirio degli eroi di Kindu è diventato storia. Siamo qui per riflettere su concetti profondi come la pace e la fratellanza. Quei giovani, uccisi casualmente, stavano per tornare a casa. È nostro dovere pensare alla prevenzione, non solo alla cura, affinché simili tragedie non si ripetano».