Quella di Viterbo è la provincia del Lazio con minor rischio usura e si colloca al 82esimo posto in Italia. Il dato lo ha reso noto la Cgia di Mestre elaborando i numeri relativi alle società e alle famiglie che sono “scivolate” nell’area dell’insolvenza e di conseguenza segnalate dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, il che preclude loro di accedere a un nuovo prestito. Il periodo di riferimento è compreso tra il 30 giugno 2023-30 giugno 2024.
La Tuscia è l’unica provincia del Lazio che ha avuto un calo ed è in controtendenza rispetto alla media nazionale dei soggetti a rischio usura con la flessione del 2% rispetto al 2023 che equivalgono a 14 imprese in meno in sofferenza.
In tutto sono ora 696 le unità in sofferenza rispetto alle 710 del 2023. La media italiana ha visto una crescita del 2,3% e sono risultate 65 le province in cui le imprese affidate con sofferenza sono cresciute, una invariata e 40 quelle in cui c’è stato un decremento. Nel Lazio la peggiore provincia è Rieti con un aumento dell’11,8% dei soggetti in sofferenza tra il 2023 e il 2024 (+25 unità) e 4° posto nazionale, quindi Latina (+8,1% pari a +103 unità) e 13° posto italiano. Segue la città metropolitana di Roma al 18° posto con il +6,9% pari a +696 unità e Frosinone (+3,6% per +40 unità che valgono il 38° posto in Italia). In altre parole, la Tuscia è l’unica provincia del Lazio che ha avuto un calo delle imprese a rischio d’usura in un anno e, questo, è un dato molto importante per valutare anche la trasparenza dell’economia viterbese. La peggiore provincia italiana tra il 2023 e il 2024 per l’aumento delle imprese e dei soggetti affidati con sofferenze è risultata Benevento con un aumento del 17.3% pari a +97 unità Quindi Chieti, Savona, Rieti, Lecce, Trieste, Parma, Cagliari, Imperia e Venezia. La migliore provincia italiana, invece, è Trieste con un calo del 17,9%, seguita da Terni, Oristano, Lodi, Lucca, Bergamo, Vercelli, Sud Sardegna, Arezzo, Lecco e Cremona. Tra le regioni la maggiore crescita dei soggetti a rischio usura si è avuta in Campania con un surplus del 7,8%; quindi la Liguria (+6,6%) e il Lazio con +6,3%. Seguono Abruzzo e Friuli Venezia Giulia. La migliore regione italiana è l’Umbria, che ha avuto un calo pari all’8,7%, seguita dalla Toscana (-3,5%); Basilicata (-1,6%), Lombardia (-1,0%). Tutte le altre regioni hanno avuto un aumento. “Si tratta prevalentemente di artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori – dice la Cgia di mestre - che sono ‘scivolati’ nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia”. I numeri indicano il Sud come l’area a maggiore rischio usura ma i prestiti illegali vengono reinvestiti dalla malavita soprattutto al Nord. Le difficoltà delle imprese che finiscono nella lista nera della Centrale rischi sono principalmente del blocco futuro di ogni incentivo e accesso ad altri finanziamenti. Per combattere questi rischi sono stati creati strumenti ad hoc come il Fondo di prevenzione dell’usura, introdotto dalla legge 108/96 e attivo dal 1998: fornisce erogazione di contributi a consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi o a fondazioni e associazioni riconosciute contro l’usura. Esiste anche il fondo di solidarietà che permette agli imprenditori che hanno denunciato gli usurai di avere un mutuo senza interessi da restituire in 10 anni il cui importo è commisurato agli interessi usurari effettivamente pagati. Tra le principali cause della ripresa della crescita dei soggetti a rischio usura c’è soprattutto la flessione netta dei prestiti bancari che sono passati, in Italia, da 1.017 miliardi del 2011 ai 711,6 del 2020 e ai 667 del settembre 2024.